I due fronti stanno posizionando le loro batterie in vista del confronto che l’assemblea delle Generali di giovedì 24 promette di riservare. L’obiettivo è il rinnovo dei vertici della compagnia per il prossimo triennio. Ma se nel 2022 lo scontro tra la lista del gruppo Caltagirone e quella del cda si era consumato per intero nell’ambito dell’assise triestina, facendo prevalere le candidature sostenute da Piazzetta Cuccia, questa volta la sensazione è che la partita decisiva sarà giocata su altro campo e in altro tempo.
Tre anni sono passati da allora e la situazione appare letteralmente capovolta: questa volta ad essere relativamente isolato è l’amministratore delegato di Piazzetta Cuccia, Alberto Nagel, che da una parte è costretto in difesa nel tentativo di respingere la scalata a Mediobanca lanciata da Banca Mps; dall’altra ha perso quell’aura di unicità-solidità che ancora gli consentiva di stringere alleanze con i fondi di mezzo mondo portatori di quote di Generali microbiche, ma che nell’insieme facevano numero.
Per contro, il fronte rappresentato dai gruppi Delfin e Caltagirone ora è in campo con alleati di grande spessore e il favore di una parte del mercato non irrilevante ansiosa di accompagnare il cambiamento. Non a caso questa volta il gruppo Caltagirone ha preferito optare per una lista non totalitaria, ma ridotta a sei candidati e senza indicare il nome del presidente né quello dell’amministratore delegato. L’intento non è stravincere creando smottamenti sempre difficili da gestire ma, secondo quanto risulta a Moneta, è di entrare in forze nel cda per condizionare i lavori del consiglio nascente fino a determinarne le scelte strategiche anche in opposizione al management della continuità.
Inoltre, aver optato per una lista di minoranza significa avere poco da perdere e molto da guadagnare perché, se per una qualche ragione la lista Caltagirone dovesse risultare la più votata, allora il Consiglio sarebbe spaccato in due con il dividendo da cogliere di un peso specifico di gran lunga aumentato.
Tuttavia, salvo colpi di scena, la lista di Mediobanca – che ricandida Philippe Donnet come ceo e Andrea Sironi alla presidenza – dovrebbe ricevere la maggioranza dei voti. Anche perchè al record date è attesa una partecipazione intorno al 70% e quindi per vincere alla lista basterà attestarsi sopra il 34% delle preferenze. All’apparenza un’affermazione per Mediobanca, ma con il forte rischio di rivelarsi una vittoria di Pirro.
Lo ha capito bene un proxy advisor indipendente come Glass Lewis, che infatti si è espresso per la continuità su Generali e, al contempo, a favore della scalata di Mps a Mediobanca, segno di come in realtà abbia capito bene (a differenza dei colleghi di Iss, favorevoli a Piazzetta Cuccia su entrambi i fronti) dove sta tirando il vento nelle ultime settimane.
Il motivo è presto detto: l’avanzata di Mps (che ha tra i suoi azionisti il Tesoro, Delfin, Caltagirone e Banco Bpm-Anima) sta vedendo aumentare ogni settimana che passa le probabilità di successo. L’appoggio a Siena di investitori istituzionali come Pimco, Norges Bank e Algebris è un segnale importante e che amplifica il probabile effetto gravitazionale su altri fondi, che potrebbero pertanto seguire le loro orme consegnando le loro azioni nell’ambito dell’Ops.
Il mercato, del resto, sta dimostrando di aver digerito l’operazione con lo sconto dell’offerta di Rocca Salimbeni su Piazzetta Cuccia che in un paio di mesi si è via via ridotto passando da quasi il 15% a poco più del 2 per cento. Merito anche dell’opera dell’amministratore delegato di Siena Luigi Lovaglio, che durante il roadshow nelle principali piazze finanziarie internazionali ha persuaso molti grandi fondi, i quali si sono resi conto anche della determinazione del governo che attraverso il matrimonio con Mediobanca intende dare forma al cosiddetto terzo polo bancario.
A fronte di questa situazione, le dichiarazioni del presidente di Prelios, Fabrizio Palenzona, sono sembrate un ulteriore avvertimento per Nagel. L’ex vicepresidente di Unicredit e consigliere di Mediobanca, infatti, ha suggerito all’attuale numero uno di Mediobanca – da 17 anni alla guida di Piazzetta Cuccia – di fare una scelta analoga a quella del suo predecessore Vincenzo Maranghi, che si fece da parte per garantire l’indipendenza delle Generali. La via d’uscita, onorevole, sarebbe quella di una Mediobanca pronta a considerevolmente la sua partecipazione nel Leone di Trieste per consentire l’ingresso di un importante investitore strategico attorno al quale riunire i principali azionisti.
Una strada che molto difficilmente Nagel deciderà di percorrere, preferendo uno scontro petto in fuori sul cui esito si accettano scommesse. Il nuovo pivot dell’azionariato delle Generali potrebbe essere l’Unicredit di Andrea Orcel, che viaggia verso una partecipazione del 10%, ma che per il momento resta abbottonata affermando che l’investimento sul Leone è di tipo finanziario. Ma che, in realtà, ha tutta l’aria di essere una leva strategica che guarda all’Ops di Piazza Gae Aulenti sul Banco Bpm.
C’è tuttavia chi pensa che Unicredit potrebbe avere altre idee sulle Generali. Ambizioni delle quali molto si capirà dalla scelta al momento del voto nel corso dell’assemblea di giovedì 24: la preferenza sarà diretta sulla lista di Assogestioni, il che equivarrebbe a un voto di consolidamento per la lista Caltagirone, o sarà diretta verso quella di Mediobanca cercando il colpo di mano? Da grande gambler-banchiere qual è, si può stare certi che manterrà le carte coperte fino all’ultimo.
E tuttavia, c’è una corrente di pensiero che privilegia il ruolo di Intesa Sanpaolo per un ricompattamento dell’azionariato delle Generali, a maggior ragione se emergesse una pericolosa instabilità in quello che tutt’ora è il centro nevralgico del potere finanziario italiano. Dopo che il numero uno di Ca’ de Sass, Carlo Messina, incasserà la conferma per un nuovo mandato martedì 29 aprile, non è impossibile che Intesa decida di rompere gli indugi. E a quel punto il sistema bancario italiano, in pieno risiko da sei mesi, potrebbe probabilmente trovare il suo assetto definitivo.
© Riproduzione riservata