Dottor Alessandro Foti, dopo la capriola di Trump che tipo di risposta si aspetta dai mercati nelle prossime settimane?
«Difficile fare previsioni. Le dichiarazioni di sospensione dei dazi hanno avuto un effetto immediato positivo, tuttavia rimangono delle incognite perché le dinamiche commerciali internazionali sono sempre complesse e influenzate da molti fattori. La prudenza è d’obbligo».
Quanto è preoccupato per il mondo della finanza?
«Non poco. Ogni volta che ci sono dei movimenti “fuori scala” è normale che ci sia più attenzione. Soprattutto quando ci sono elementi di discontinuità provocati da eventi non previsti».
Davvero era inattesa questa linea di Trump?
«È un evento che ha colto di sorpresa tutti, nonostante i mercati siano abituati agli imprevisti. Per noi fa parte della normalità. All’inizio di ogni anno siamo consapevoli che ci saranno avvenimenti che nessuno si aspetta. In realtà tutti si aspettavano i dazi, ma non in queste modalità, di questa portata. Sono questi i due fattori che hanno sorpreso il mercato».
Quanto incideranno sul commercio globale?
«Dipende da come verranno gestiti. Bisogna capire da quando scatteranno e se, alla fine dei 90 giorni di ripensamento, manterranno le dimensioni annunciate».
Chi pagherà di più?
«Generalmente in queste situazioni pagano tutti. A subire maggiormente gli impatti dell’inflazione e di una recessione sono però i più deboli. Per esempio, gli Stati più vulnerabili, quelli che vivono di esportazioni di un numero limitato di prodotti dalle quali dipende gran parte del Pil, saranno i più colpiti. Ma anche a livello della popolazione, le fasce più deboli storicamente sono quelle che pagano il conto più salato».
Come reagirà l’Europa? Si rafforzerà l’Unione o avremo una nuova frammentazione?
«L’essere umano quando si trova in una situazione di difficoltà riesce sempre a dare le risposte migliori. I momenti di grande progresso dell’umanità sono tutti avvenuti dopo grandi crisi. Penso che l’Europa saprà reagire bene, perché l’urgenza fa da catalizzatore per una maggiore unità. Vedo più opportunità che minacce».
Il risparmio delle famiglie è in pericolo?
«Dipende da come è investito. Gli italiani sono degli ottimi risparmiatori ma non sono particolarmente inclini a investire in modo efficiente».
In questi giorni la Borsa ha bruciato centinaia di miliardi…
«Si dice: sono stati bruciati 200 miliardi. Già, ma se non fossero stati investiti non sarebbero stati accumulati. Chi non ha investito non ha mai beneficiato della creazione di ricchezza avvenuta negli ultimi decenni».
E chi ha investito?
«Se ha investito e ha bisogno di soldi subito, è a rischio. Se il suo orizzonte è a medio-lungo termine, almeno cinque anni, la situazione è molto più tranquilla. Le faccio qualche esempio: nel 2008 il mercato ha subito una correzione del 50%. Perdite però recuperate negli anni successivi. Chi ha un approccio di capitale paziente con un buon livello di diversificazione non corre grandi rischi, anzi è nella condizione ideale per beneficiare della crescita dell’economia».
Ci sarà un’impennata dell’inflazione?
«Tecnicamente è possibile, perché storicamente i dazi comportano l’inflazione».
Che suggerimenti offre ai risparmiatori?
«Fare un check up dei propri investimenti e poi farsi la domanda: perché risparmio, che orizzonte temporale ho? È sulla base delle risposte che gli investimenti devono essere strutturati».
Il mercato americano continua ad essere un punto di riferimento?
«Sì. L’America resta la più grande economia del mondo e la più grande potenza militare, quindi il suo peso sia economico che geopolitico resta centrale. Può essere ridimensionato un po’, ma è difficile pensare a un mondo di investimenti che non faccia riferimento agli Usa».
Si rischia una recessione?
«Una delle ragioni per le quali il mercato scende è perché si muove in termini di probabilità statistica. Il mercato sta valutando la probabilità che possa esserci una recessione. C’è chi ipotizza che questo rischio sia al 40 o 50%, altri ritengono che possa arrivare al 60%, e il mercato, che è sempre razionale, fa i conti con questa probabilità. I dazi sicuramente aumentano questo rischio».
Il nostro governo sta pensando di sostenere le imprese con sostegni per 25 miliardi. Condivide?
«Lo ha già fatto la Spagna. Qualsiasi intervento che possa attuare shock temporanei va nella direzione giusta, e i governi hanno a disposizione un’ampia gamma di strumenti. Per esempio, ai tempi del Covid sono intervenuti in maniera massiccia perché, metaforicamente, allora il paziente era in arresto cardiaco e serviva usare il defibrillatore. Oggi siamo in una situazione decisamente meno grave».
Pensa che Fineco debba rivedere le proprie strategie?
«Le strategie della banca non cambiano, sono basate su sostenibilità e trend di lungo periodo che non sono stati impattati».
C’è allarmismo tra i risparmiatori?
«No. C’è molta compostezza, nessun grande disinvestimento. È un segnale di grande maturità sia da parte dei clienti, sia dei consulenti»
Questa crisi può avere conseguenze sul riassetto del sistema bancario italiano?
«Il consolidamento bancario va nella stessa direzione che abbiamo visto in altri paesi europei, come Francia e Spagna dove le prime cinque banche controllano oltre il 70% del mercato. Penso che questo processo continuerà, a prescindere dalla crisi dei dazi, perché è proprio nella natura dell’industria bancaria. Situazioni che creino condizioni di minore redditività rispetto a quello che ci si poteva aspettare prima di questa crisi, possono essere uno stimolo a continuare in questa direzione».
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