«La tendenza a semplificare i marchi porta oggi alla quasi totale eliminazione delle emozioni e del loro linguaggio». Questa frase, pronunciata dal grande designer italiano Walter de Silva, più passano gli anni più descrive la realtà. De Silva, dopo aver lavorato nei centri stile Fiat e Alfa Romeo, come responsabile, firmando il design di modelli passati alla storia, è stato chiamato da Ferdinand Piëch, prima a Barcellona, per Seat, quindi a Wolfsburg, in Germania, alla guida del Centro stile del gruppo Volkswagen con tutti i suoi marchi.
De Silva, classe 1951, esprime il proprio punto di vista sulla progressiva perdita di identità dei modelli di ultima generazione, in particolare di quelli appartenenti a marchi iconici. Una strategia evidente anche in Stellantis, guardando ai marchi italiani.
De Silva, perché accade tutto questo?
«Nelle economie di scala ci sono sempre più componenti uguali e più facili da utilizzare per assemblare un modello, e ciò porta a una pigrizia mentale, intellettuale e anche ingegneristica. È diminuita molto l’attenzione a percepire il design e a sentirlo come qualcosa di innovativo e futuribile, ma sempre tenendo presente l’Heritage. Tecnologie avanzate, fino ad arrivare all’intelligenza artificiale, subentrano al pensiero del singolo designer. Da qui la pigrizia e il farsi trasportare dall’onda del “così fan tutti”».
Il suo punto di vista sui modelli italiani di Stellantis?
«In generale, Stellantis ha la stessa problematica. Le strategie di piattaforme e componenti portano ad avere tipologie di prodotto abbastanza simili. Una Opel può essere molto simile a una Lancia e una Lancia a una Fiat, eccetera. C’è però una tendenza a guardare al passato con un po’ di supponenza. Il passato, invece, è qualcosa di glorioso guardando solo ad Alfa Romeo, Lancia, Fiat e Maserati. Questo passato glorioso, invece, bisogna guardarlo con criteri di design ben definiti, in modo che nella modernità si vedano storia e Heritage di questi marchi. Insomma, guardare a un futuro nel classico».
Qual è l’ultima 100% Alfa Romeo come design?
«Dal Dopoguerra in poi non ne vedo una superiore all’altra. Ognuna ha la sua storia. Ai miei tempi c’era il cosiddetto “cuore sportivo”, ora Alfa Romeo deve stare attenta. Sono stato critico con la recente Junior: per cercare la modernità è stata lasciata alle spalle una storia straordinaria. Il Biscione, per poter competere nel premium per esempio con i tedeschi, non deve scendere in tipologie di modelli così compatti. Quella dell’Alfa Romeo dev’essere una linea che corre e non una linea che si ferma. Ricordiamoci che l’Alfa Romeo è la madre della Ferrari».
Mettiamo il caso che le venga affidata la direzione del Centro stile di Stellantis.
«Proporrei criteri netti, decisi e molto rigidi di prodotto e di brand identity. Più limiti dai allo stile più i designer devono essere creativi. Quindi, imporrei molti limiti con una chiara visione sui marchi storici. Un bravo a Luca De Meo quando ha inventato Cupra come marchio e non come modello, portando Seat a un livello di posizionamento superiore».
Vede un’eccessiva “francesizzazione” nello stile dei modelli di Stellantis?
«Definirei come “francesismi” le abitudini di inserire quelle sorti di “gioielli” intorno ai paraurti e ai gruppi ottici, di cui si poteva fare a meno. Nella Fiat Grande Panda noto, però, il tentativo di riproporsi in una categoria superiore, rispetto alla Panda attuale, con stilemi che guardano al futuro nel rispetto del classico. Una strada da seguire».
La maggior parte delle novità, in particolare dalla Cina, si assomigliano tutte.
«Purtroppo, esiste un trend che propone modelli enormi: Suv squadrati, aggressivi, cubici, improponibili e con una “non faccia” per giustificare l’assenza di una identità che invece ci vuole. Qualcosa che definisco doloroso. C’è una omogeneizzazione al cosiddetto look “scatola di tonno».
Sul design, in generale, ha inciso la stretta sulle emissioni?
«L’aerodinamica non è cambiata. Per portare più efficienza bisogna far nascere il concept nella galleria del vento».
Il suo parere sulla nuova Lancia Ypsilon?
«Non mi fa battere il cuore… Bisognerebbe fare un’analisi seria su un marchio che ha una storia straordinaria».
Un suo suggerimento al futuro Ceo di Stellantis?
«Questa raccomandazione: di guardare molto bene alla strategia stilistica, cioè che sia unica per il singolo marchio, anche se condivisa nelle economie di scala e sinergie varie. Senza dimenticare l’origine geopolitica europea».
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