La raffineria Isab di Priolo Gargallo, la più grande d’Italia, è in crisi a causa di uno scontro tra il miliardario greco, George Economou, suo investitore di maggioranza, e il gigante delle materie prime Trafigura. La crisi potrebbe minacciare la sopravvivenza dell’impianto, che copre il 20% della capacità di raffinazione italiana con 320.000 barili al giorno. All’inizio di quest’anno, Isab ha presentato istanza di ristrutturazione del debito italiano, sotto la supervisione di un tribunale, in quanto sotto pressione per mantenere il pagamento dei creditori, compresi i suoi fornitori. È solo l’ultimo capitolo della complicata storia dell’impianto siciliano.
Facciamo, infatti, un passo indietro all’11 aprile del 2023 quando il governo esercita il golden power sulla Isab per poi cedere lo stabilimento ai ciprioti di Goi Energy, ma solo a certe condizioni: la tutela occupazionale, il mantenimento dei livelli produttivi, la presenza di un depuratore per l’impianto e soprattutto la tracciabilità delle forniture del petrolio trattato (per almeno dieci anni, infatti, non sarà possibile fare trading sulle materie prime, sul petrolio e sui derivati russi). Il via libera condizionato all’operazione avviene dopo una lunga istruttoria da parte del governo innanzitutto per verificare l’effettiva indipendenza dal greggio russo. Le sanzioni imposte contro Mosca hanno infatti determinato la vendita dello stabilimento siciliano, che proprio ad un’azienda russa fa capo, la Lukoil.
Nel 2023 il governo si è quindi voluto assicurare che anche dal punto di vista delle forniture l’indipendenza dalla Russia fosse più che certa. Non solo. All’inizio di febbraio di quell’anno, con un Dpcm, il complesso degli stabilimenti di proprietà di Isab è stato dichiarato di interesse strategico nazionale e riconosciuto come beni strumentali allo stabilimento industriale gli impianti di depurazione di Priolo Gargallo e Melilli, in quanto infrastrutture necessarie ad assicurare la continuità produttiva. E sempre a febbraio 2023 Trafigura ha ottenuto un prestito quinquennale di 500 milioni di dollari garantito dal governo italiano attraverso Sace, controllata del Mef. I fondi sono erogati dalla banca giapponese Sumitomo Mitsui Banking Corporation (Smbc) come capofila di un consorzio di istituti internazionali tra cui anche Unicredit e Credit Agricole.
Con l’accordo Trafigura si è impegnata a valutare l’acquisto di forniture e subforniture dalle imprese italiane a supporto dei propri piani di investimento e in parallelo a fornire all’industria italiana materie prime per almeno 300 milioni di dollari l’anno. Così, con il placet del governo e in un accordo organizzato dal magnate franco israeliano Beny Steinmetz, la raffineria siracusana è stata venduta nel 2023 da Lukoil (attraverso la controllata svizzera Lutasco) a Goi Energy, ramo del settore energetico di Argus New Energy Fund, fondo di private equity di Cipro.
Il maggiore investitore nel fondo, al momento della transazione era George Economou, la cui Tms Tankers è una delle più grandi compagnie di trasporto marittimo di petrolio russo dopo l’invasione totale dell’Ucraina nel 2022. Secondo i documenti rivelati dal Financial Times, l’operazione ha coinvolto, oltre a Economou, anche lo stesso Steinmetz e l’ex dirigente di Trafigura, Michael Bobrov, ad di Goi e anche azionista di maggioranza di Green Oil Energy, che a sua volta controlla Bazan, uno dei più grandi gruppi energetici in Israele. I rapporti tra i tre però si sono inaspriti a causa di questioni finanziarie e dei termini di un accordo decennale di fornitura e commercializzazione di petrolio firmato con la stessa Trafigura che ha sede in Svizzera e Singapore, è uno dei più grandi trader di materie prime indipendenti al mondo e per anni, prima dell’invasione dell’Ucraina, ha fatto a gara con le rivali come Vitol e Glencore per fare affari con l’altro colosso russo del petrolio, Rosneft.
Economou che sostiene che l’accordo favorisce Trafigura, permettendole di guadagnare mentre la raffineria perde soldi. Il greco, che ora controlla il 99% di Goi Energy, ha quindi avviato una procedura per rinegoziare l’accordo con Trafigura, cercando nel frattempo società di trading alternative, e valuta anche la vendita dell’impianto.
I possibili interessanti alla raffineria Isab
Tra i possibili interessati, secondo quanto risulta a Moneta, ci sarebbero gli azeri di Socar, la compagnia petrolifera statale controllata dal fondo sovrano Azerbaijan Investment Holding che tra l’altro avrebbe messo gli occhi anche sul gruppo Api-Ip dopo che la famiglia Brachetti Peretti ha manifestato l’intenzione di cederne il controllo. In pista per Priolo potrebbero esserci anche gli svizzeri di Gunvor, guidati dallo svedese Torbjörn Törnqvist. Che ha fatto i soldi assieme all’ex comproprietario di Gunvor, l’oligarca amico di Putin, Gennady Timchenko.
Di certo, nel destino di Priolo entra in gioco non solo l’aspetto economico ma anche geopolitico considerando che a trenta chilometri dall’impianto c’è la base militare americana di Sigonella.
Non a caso gli americani si erano fatti avanti per acquisire l’impianto siciliano attraverso il fondo Crossbridge, legato a Postlane Capital Partners con sede a New York.
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