Atro che notti magiche. Quelle che ci attendono, rischiano di essere le notti più complesse e meno inclusive nella storia moderna dei Mondiali di calcio. La competizione nel 2026 sarà organizzata e ospitata per la prima volta in assoluto da tre nazioni contemporaneamente. Un bel messaggio nell’intenzione, un potenziale disastro guardando a quello che sta succedendo negli ultimi mesi. Il motivo è abbastanza semplice: i tre paesi in questione sono Stati Uniti, Messico e Canada.
Un triumvirato romano più che un’amicale coalizione pronta a dar vita al miglior palcoscenico possibile per uno degli eventi più attesi e importanti del mondo dello sport. Nella sua politica pro-dazi, infatti, Donald Trump non ha mai escluso i due paesi in questione. Anzi, sono stati i primi a subire la sua ira, insieme alla Cina, con un dazio del 25%, mai ritrattato, come invece accaduto nei confronti dell’Ue.
Una decisione che il numero uno americano ha pubblicamente giustificato per la responsabilità dei due paesi nella crisi degli oppioidi negli Stati Uniti. Dichiarazione che non hanno affatto convinto (ed è un eufemismo) la presidente messicana Claudia Sheinbaum e il primo ministro canadese Justin Trudeau. Quest’ultimo, con estrema chiarezza, ha dichiarato che «i dazi non hanno niente a che fare con il fentanyl, è solo un pretesto legale per danneggiare il Canada e la sua economia».
Un timore puntualmente confermato dalle decisioni di business di alcune aziende presenti nei due paesi. Stellantis, per esempio, dal 7 aprile ha sospeso – seppur «momentaneamente» – la produzione in due impianti in Messico e Canada, dando il via a una serie di licenziamenti temporanei
Mondiali 2026 tra immigrazione e visti
In questa storica e complessa organizzazione mondiale, i dazi però non sono l’unico ostacolo. A essi si aggiungono le rigide norme sull’immigrazione e i lunghi tempi di attesa dei visti (sia per i turisti che per gli atleti). Una combinazione astrusa che potrebbe mettere a repentaglio la presenza alla manifestazione di oltre sei milioni di visitatori secondo quanto riportato dal Los Angeles Times. Stima che potrebbe essere amplificata proprio dall’attuale mancanza di collaborazione fra i tre Paesi e dalla dura deportazione di massa attivata dallo stesso Trump nei confronti dei messicani. Aspetto che, oltre a tradursi in un maggior controllo per i visitatori che durante i Mondiali vorranno volare dal Messico (messicani e non) agli Stati Uniti per continuare a seguire i propri beniamini, potrebbe al tempo stesso trasformarsi nel più grande momento di “fuga” per i cittadini stessi.
Un boomerang che potrebbe ulteriormente allungare i tempi di attesa per i visti o addirittura comportare un diniego dell’ultimo minuto, trasformando i Mondiali in un incubo assoluto per tutti gli appassionati e non solo. «È insostenibile che non aumentiamo le risorse per garantire che le persone giuste siano al posto giusto», ha dichiarato Kamlager-Dove, membro della Camera dei Rappresentanti per lo stato della California. «Devono facilitare questi colloqui e ottenere i visti per coloro che cercano di entrare nel nostro Paese per motivi legittimi. È inaccettabile che permetta al nostro Paese di non riuscire a presentarsi al meglio in vista della Coppa del Mondo», ha aggiunto.
Questioni che, probabilmente, sono alla base della task force istituita lo scorso 7 marzo dallo stesso Trump proprio per i Mondiali del 2026 e per quelli per i club, che andranno in scena dal 14 giugno e vedranno, tra le altre, anche la partecipazione delle nostre Inter e Juventus.
Nel dettaglio, come si legge nella nota ufficiale rilasciata dalla Casa Bianca, la task force «Si coordinerà con le agenzie federali nella pianificazione, organizzazione e realizzazione della Coppa del mondo per club del 2025 e della Coppa del mondo del 2026», evidenziando «l’impegno del presidente nel promuovere l’orgoglio nazionale, l’ospitalità e le opportunità economiche attraverso il turismo sportivo».
Dichiarazioni che dovranno trovare necessariamente un riscontro nella realtà. Perché i Mondiali sono alle porte. E le porte rischiano di rimanere chiuse.
© Riproduzione riservata