Con lui come amministratore delegato Stella McCartney ha realizzato i suoi primi profitti, da Bottega Veneta ha triplicato il fatturato in 4 anni scarsi e ancor meglio ha fatto da Gucci portandolo dai 3,9 miliardi del 2015 ai 10,7 miliardi del 2022. Marco Bizzarri è il più alto e il più simpatico tra i super manager della, un marcantonio di oltre due metri che non si dimentica mai di sorridere pur essendo tosto che più tosto non si può. Da un anno è presidente dell’azienda fondata da Elisabetta Franchi di cui ha acquistato il 7% delle azioni e nel tempo potrebbe arrivare fino al 23% con Nessifashion, la holding che ha fondato dopo l’addio al brand delle due G nel luglio 2023. In quest’intervista racconta cosa sogna di fare con il brand del designer bolognese.
Bizzarri, lei ha investito nell’azienda o nella persona? E in ogni caso perché l’ha fatto?
«In questa azienda che però è anche una persona speciale come Elisabetta ho visto grandi possibilità. Quando sono uscito da Gucci c’era nel mondo del lusso una spinta ad alzare i prezzi in modo abbastanza importante seguendo l’onda del post-covid dove tutti lo facevano e comunque le cose andavano bene…».
La storia però insegna che quando tutto va bene la parte creativa viene messa in secondo piano.
«Infatti, nessuno prendeva dei rischi e se questo non succede nel mondo della moda prima o poi ne paghi le conseguenze. Insomma si stava aprendo un buco clamoroso sotto il segmento del lusso, in particolare nella categoria abbigliamento. Nel mondo delle borse soprattutto se parliamo di certi brand il percepito di sostenibilità del prezzo è diverso: pensi che l’oggetto durerà nel tempo a differenza dei vestiti che dopo un po’ non usi più».
Perché proprio la Franchi?
«Perché ha una storia di successo straordinaria. Ha creato l’azienda una ventina d’anni fa ed è riuscita a navigare in momenti di mercato e di trend estetici diversi. Ha una clientela incredibile che la segue fedelmente sempre. Questo attaccamento emozionale alla persona e al brand dipende dalla sua capacità di leggere il mercato e di essere così reattiva».
Effettivamente stiamo parlando di un brand molto forte in Italia, Europa e Middle East. Però è completamente assente negli Stati Uniti, in America Latina e in Asia.
«Appunto, una grande opportunità di crescita in più. Anche perché possiede alcune categorie di prodotto su cui si può ancora fare molto e non parlo solo di beauty, fragranze e occhiali ma anche nell’abbigliamento e negli accessori. Insomma, ovunque la guardassi vedevo delle opportunità».
Per lei che è abituato a pesare le parole la schiettezza della Franchi non è un problema?
«Anzi. Elisabetta è sicuramente divisiva, perché quello che pensa dice e perciò può essere fraintesa. Ma il fatto di avere un punto di vista e di volerlo esprimere la rende molto speciale agli occhi di chi l’apprezza. A me questo tipo di personalità piace tantissimo perché cerco sempre di parlare chiaro con tutti. Avere davanti una persona che fa lo stesso con me è un valore aggiunto. Credo che oggi non ci sia più spazio per il politichese».
C’è qualcosa che ha evitato di fare con lei?
«L’errore più grande che uno può fare quando entra in un’azienda è cercare di replicare modelli di business che sono stati vincenti altrove. Ogni azienda è fatta da persone e storie diverse. Ci vuole tanto rispetto e per prima cosa devi cercare di capire quali sono state le forme di successo e soprattutto quando le cose vanno bene non le devi stravolgere».
Ha messo mano al management?
«Sì ma con lei. Adesso il ceo è Gabriele Maggio, un ottimo professionista con cui ho lavorato in Bottega Veneta. Poi abbiamo pensato al merchandising, al commerciale, al direttore della comunicazione e a quello dell’industria».
Infine, c’è stato lo sbarco in America…
«Sì a Bal Harbour in novembre. Per aprire un negozio lì ci vogliono 5-6 anni di coda. Ma avendo fatto il tipo di lavoro che ho fatto io in passato conosco tutti i proprietari e i direttori dei mall».
Come vive la vicenda dei dazi?
«Anzitutto il nostro posizionamento-prezzo alla fine ci consente di valutare se aumentare o no, assorbirli o non assorbirli. Insomma, non ci sposta francamente tantissimo la vita, anche perché negli Stati Uniti c’è un price gap del 20%, quindi in linea teorica puoi anche assorbirli un po’».
Prossime mosse?
«Abbiamo dei contatti molto avanzati per tutta la parte latino-americana perché lo stile di Elisabetta ruota attorno a un certo tipo di femminilità per cui non possiamo andare contro i super leader, rischiamo di perdere. Dobbiamo giocare in modo intelligente. Stiamo andando avanti anche in Asia partendo dalla Corea dove lavoriamo a grandissima velocità per far emergere una nuova narrativa di cui fan parte le campagne con Taylor Hill e Kate Moss, le sfilate nel Palazzo Acerbi di Milano, il nuovo negozio in via Manzoni e lo show room acquistato e disegnato da Dimore Studio».
A quanto ammonta attualmente il vostro fatturato?
«Attorno a 172 milioni ma il mercato si sta spostando veramente verso di lei, per cui se ci muoviamo bene possiamo prendere quote di mercato anche in un settore in ribasso come il lusso. A 170 milioni raddoppiare il business è un attimo. E poi si può pensare anche alla Borsa».
Altri investimenti?
«Uno piccolo in Margherita Missoni Maccapani e poi attraverso la Forel (società che Bizzarri guida con Mario Gardini e che opera come advisory company di Faro Investiments sicav, ndr) il mio fondo ha acquisito la maggioranza di Visionnaire, il brand di design nato a Bologna nel 1959».
E poi naturalmente c’è il ristorante di suo figlio Stefano a Gabicce Monte…
«Di quello siamo orgogliosissimi: si chiama Dalla Gioconda, ha già preso una stella Michelin ed è in un posto talmente bello sulla baia che stiamo costruendo un albergo diffuso».
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