La vita imita l’arte molto più di quanto l’arte imiti la vita, diceva Oscar Wilde. In realtà le nubi che si addensano sullo scenario politico ed economico internazionale non potevano risparmiare l’isola felice degli investimenti in arte. Colpa anzitutto dello spettro dei dazi, la tassa sul dollaro che rischia di frenare la circolazione delle opere: il 25% minacciato da Trump su dipinti e fotografie importate da Cina, Messico e Canada, avrebbe un effetto a catena sul mercato dell’arte mondiale di cui proprio America e Cina detengono il 60%. Ma l’incerta congiuntura si aggiunge a una fase che già l’anno scorso aveva evidenziato un freno del 32 % della spesa media da parte dei grandi collezionisti. Non solo: altri fattori aggiungono oggi fibrillazione agli operatori in particolare europei, come la nuova normativa Ue che da giugno imporrà forti restrizioni nell’importazione d’arte da Paesi extraeuropei.
Termometro della situazione è il Tefaf, la più importante fiera d’arte del mondo che si è tenuta lo scorso mese a Maastricht e che ha preceduto l’Art Basel ad Hong Kong, l’altro grande appuntamento dedicato al collezionismo. Qui si sono testati i cosiddetti Hnwi, ossia i collezionisti High Net Worth Individual che possono disporre di una ricchezza netta di almeno 5 milioni di euro. Nel mondo, secondo Deloitte, detengono un patrimonio in opere d’arte per un valore di 2.300 miliardi di dollari. Gli Hnwi sbarcati in Olanda hanno risposto con cauto ottimismo all’ammiccare dei meravigliosi dipinti degli old masters, come la “Madonna con Bambino e Santa Maria Maddalena”, attribuita a Tiziano e presentata da Trinity Fine Art di Londra, e dei maestri del Novecento come l’inedito giovanile di Gustav Klimt presentato da Wienerroither & Kohlbacher di Vienna, dell’alta gioielleria proposta dagli stand di Buccellati, Van Cleef & Arpels, Margot McKinney e Hemmerle, e ancora delle rarità come il “Libro d’Ore”, miniato dal Maestro dell’Echevinage de Rouen, venduto a un collezionista olandese a 300mila euro. Le vendite alla corte di Maastricht non sono mancate, come “La vergine in preghiera” di Michael Seerts alla galleria Salamon ad un collezionista dei Paesi Bassi a 3,5 milioni di euro. O la rara “Natura morta con due sacchi e una bottiglia” di Van Gogh acquistato da un privato a 4,4 milioni di dollari.
Intanto a Hong Kong
Appena conclusa, la fiera di Hong Kong ha sondato lo stato di salute del mercato asiatico, in costante ascesa e su cui si stanno concentrando le major mondiali, case d’asta incluse. L’ex colonia britannica si è evidenziata come epicentro di importazione d’arte, con in prima linea i collezionisti cinesi, oggi sono al top per indice di spesa. Anche Art Basel, così come Tefaf, ha registrato discrete vendite ma assai più caute e oculate rispetto al passato. Dato confermato anche dalle aste di Christie’s, Sotheby’s, Phillips e Bonhams che si sono tenute negli stessi giorni, con risultati inferiori alle attese. Sintomo che l’incertezza mondiale renda più guardinghi anche i grandi collezionisti cinesi e del sudest asiatico.
I migliori affari si sono registrati per le gallerie top e per gli artisti già super consolidati: come nel caso della galleria David Zwirner che alla preview ha venduto l’opera più cara della fiera, il dipinto “Infinity-nets [orupx]” della giapponese Yayoi Kusama per 3,5 milioni di dollari, una grande tela del pittore contemporaneo belga Michaël Borremans per 1,6 milioni di dollari dalla Corridor Foundation di Shenzhen. Un altro esempio arriva dalla galleria austriaca Thaddaeus Ropac che in preview ha venduto il dipinto “Es ist dunkel, es ist”di Georg Baselitz a 1,2 milioni di euro, e dalla svizzera Hauser & Wirth che ha piazzato un’opera di Christina Quarles a 1,35 milioni di dollari.
A Hong Kong, come a Maastricht, non sono mancati i mercanti italiani. Le più accreditate gallerie di contemporaneo, come la milanese Massimodecarlo ha venduto opere tra i 20mila e i 120mila euro o la Continua di San Gimignano che ha fatto un record con l’inglese Anthony Gormley: 600mila euro per una scultura in ferro intitolata “Open Gather”.
Infine, a Tefaf, meta privilegiata anche dei big spender nostrani che possono acquistare con l’Iva al 9%, la galleria Antonacci Lapiccirella Fine Art di Roma ha venduto il dipinto “Interior of a Harem” di Francesco Hayez per 650mila euro.
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