Doveva essere l’anno di Wall Street. E invece no, il Toro ha perso le corna. L’ottimismo legato alle elezioni è svanito e ha lasciato il posto alle preoccupazioni sull’impatto economico dei dazi targati Trump, portando a una sottoperformance del mercato americano e una inattesa rivincita delle Borse europee. Il momentum primaverile, con un marzo che dal 2021 aveva sempre portato rendimenti medi superiori al 3% per l’S&P500, si è interrotto. Tecnicamente e statisticamente. Dall’ultimo sondaggio mensile tra i gestori, condotto da BofA Global Research, l’allocazione verso le azioni statunitensi ha registrato il calo maggiore di sempre a marzo. Un massiccio spostamento di denaro dagli Stati Uniti al di qua dell’Atlantico. Che sia giunto il momento di rivedere il nostro portafoglio? Le raccomandazioni che arrivano da diverse case di gestione vanno in un’unica direzione. Più peso sull’Ue, meno esposizione sull’economia a stelle e strisce. Perché il panorama è cambiato e bisogna adeguarsi.
I fattori da considerare
Non si può ignorare, certo, il cambio di passo che il maxi-piano di investimenti che imprimerà non soltanto alla Germania che lo ha annunciato, ma anche all’intero continente, Italia compresa essendo uno dei maggiori partner commerciali dei tedeschi, con effetti benefici anche su Piazza Affari. Pur mantenendo una cautela per l’incertezza legata ai tempi di attuazione, non certo immediati, Irene Lauro, economista di Schroders, crede infatti che il programma possa esercitare a partire dal 2026 e 2027 una spinta economica notevole, con una crescita annua che potrebbe aumentare fino a un punto percentuale in più, grazie agli investimenti in infrastrutture e alle spese per la difesa. Non per niente, sul mercato, che anticipa sempre l’economia, l’effetto è già visibile. La tedesca Rheinmetall da inizio anno a oggi ha guadagnato oltre il 120%, la francese Thales quasi l’80% e l’italiana Leonardo quasi il 77%. «È innegabile che sono in atto grandi cambiamenti di lungo termine – sottolinea Steven Bell, capo economista dell’area Emea di Columbia Threadneedle Investments – L’Europa sembra stia muovendo i primi passi per diventare più autosufficiente in materia di difesa, mentre il vecchio ordine continua ad essere sottoposto a sconvolgimenti».
E così, la leadership americana, trainata dalla tecnologia, cede il passo a settori e aree geografiche percepite come più difensive. Ma anche più a buon mercato. Oggi l’azionario europeo continua a trattare con uno sconto significativo rispetto al mercato statunitense, per quanto il divario si sia sensibilmente ridotto negli ultimi mesi. E guardando alle attese, le stime sugli utili per le aziende del Vecchio continente sono recentemente migliorate, mentre quelle Usa vanno in direzione diametralmente opposta.
I cambiamenti radicali nella politica d’Oltreoceano stanno generando grande incertezza a livello nazionale e la nuova amministrazione ha chiarito di essere disposta a tollerare una temporanea debolezza dell’economia e dei mercati per perseguire i propri obiettivi a lungo termine. Lo dimostra anche il recente movimento sul fronte valutario, con il dollaro che si è deprezzato verso quasi tutte le valute del G10. Un movimento che rappresenta una ragione in più per gli investitori europei a mantenersi vigili e calcolare l’effetto cambio sulla propria esposizione al mercato americano, con la svalutazione del dollaro che ha portato ad amplificare a oltre 23 punti percentuali la forbice di performance tra Piazza Affari e S&P500 nei primi tre mesi dell’anno.
Rotazione o riequilibrio
Al netto che non è noto quanto possa durare questa tendenza, i dati sono chiari. Secondo le ultime stime di Bank of America, i grandi gestori hanno portato ai minimi degli ultimi due anni l’esposizione su azionario Usa e big tech; di contro, l’allocazione nelle Borse europee non era così alta da luglio 2021. E’ in atto una rotazione geografica di portafoglio o, forse, meglio parlare di riequilibrio, considerando il forte sbilanciamento su Wall Street a cui si era abituati (a fine 2024, gli Stati Uniti rappresentavano il 74% dell’indice Msci World).
«Si tratta, senza dubbio, di passi avanti nella giusta direzione, anche se i tempi non sono ancora maturi per una vera e propria svolta strutturale», sostiene Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm. Perché se è vero che le politiche commerciali di Trump contribuiscono a creare un clima di incertezza, in Europa restano aperte nel lungo termine sfide complesse legate alla competitività e all’invecchiamento demografico. «Detto ciò, le valutazioni rimangono interessanti, le revisioni degli utili sono stabili e iniziano a emergere segnali incoraggianti sul fronte macroeconomico, anche se non scontano ancora il potenziale impatto dell’aumento della spesa fiscale tedesca. Un insieme di fattori che è in grado di alimentare il rinnovato interesse da parte degli investitori e che ci ha portato a rafforzare le posizioni sull’azionario europeo nei portafogli più dinamici nel corso del primo trimestre di quest’anno», rivela Flax.
Più cauta, invece, Goldman Sachs, secondo cui i recenti afflussi verso l’Ue non sono una prova di sovra-posizionamento, considerando anche i deflussi cumulativi degli ultimi anni. «Dubitiamo – prosegue la banca d’affari statunitense – che gli afflussi rimarranno così forti e siamo scettici sul fatto che questo spostamento segni una svolta generale verso acquisti persistenti o un’ampia riallocazione verso l’Europa».
Dello stesso parere Blackrock che mantiene il sovrappeso verso gli Stati Uniti. Sui rischi per l’economia a stelle e strisce, l’asset manager ammette che i mercati dubitano della crescita e della forza di Wall Street «eppure le condizioni economiche non segnalano una recessione, anche se una prolungata incertezza politica può danneggiare la crescita. E il settore tecnologico ha ancora la crescita più forte prevista per quest’anno».
Insomma, il Toro potrebbe essere soltanto stordito dai colpi dei dazi, per poi tornare alla carica. Certo è che la strategia protezionistica di Trump sta comunque portando a un profondo ripensamento nei portafogli globali.
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