Negli ultimi dieci anni, l’economia circolare in Italia è cresciuta tre volte più rapidamente del Pil e oggi vale 43 miliardi di euro, pari al 2,7% dell’economia totale, con oltre 613.000 nuovi posti di lavoro. Il nostro Paese è leader nell’efficienza energetica e nell’uso delle risorse, con un tasso di circolarità del 20,8%, il doppio della media UE.
Secondo un recente rapporto di Sace, il 66,5% delle imprese italiane ha dichiarato di aver realizzato azioni di sostenibilità, con una buona propensione anche delle medie imprese e un ampio margine di miglioramento per le piccole imprese. Il dato è appannaggio delle grandi imprese, ma vede una buona propensione anche delle medie (69%), mentre un po’ più indietro sono le piccole (43,6%). Tra i settori si distinguono mezzi di trasporto, chimica, farmaceutica, apparecchiature elettriche, alimentari e bevande ed elettronica, con tassi superiori al 70%. Guardando poi alle filiere e agli investimenti fatti negli ultimi cinque anni, oltre un’impresa su tre ha puntato sulla green economy, in netto aumento rispetto al quinquennio precedente (circa 25%) soprattutto piccole e medie. La digitalizzazione è sicuramente un supporto su cui le imprese, in particolare pmi, possono contare per sfruttare al meglio i benefici della circolarità: le imprese che investono nella duplice transizione digitale e green generano, infatti, una crescita di produttività che può arrivare fino al 14%.
Dal 2010, primo anno disponibile, l’Italia ha accresciuto il tasso di circolarità10 di oltre 7 punti percentuali (oggi al 18,7%); una dinamica che si è invece mantenuta stabile nella media europea (11,5%.) con i principali peer europei a riportare performance nettamente inferiori. Questo primato si riflette in diverse componenti, dalla produzione e consumo alla riduzione dell’impronta carbonica e alla competitività. verso pratiche agricole sostenibili e a elevato contenuto tecnologico. Anche gli imballaggi, sollecitato dalle novità normative europee, guardano con interesse alle soluzioni di packaging con materiali sostenibili prodotti nell’ambito dell’economia circolare (come le bioplastiche compostabili, materiali a elevato contenuto di materia riciclata).
Anche il tessile e abbigliamento spiccano tra le filiere più attive nell’adozione di pratiche di circolarità per il suo elevato impatto ambientale, sia in termini di carbon footprint che di gestione delle sostanze chimiche legate ai processi di lavorazione: oltre il 40% del valore della produzione è già caratterizzata da pratiche bio-based, percentuale che supera il 50% la concia e pelletteria che negli ultimi anni ha adottato non solo pratiche di riciclo degli scarti della produzione, ma anche di utilizzo di sostanze concianti di origine naturale (in alternativa agli attuali minerali) o a minore impatto in termini di inquinamento.
Le pratiche dell’economia circolare coinvolgono altre eccellenze del Made in Italy, come l’occhialeria, che conta oltre 800 aziende in Italia, concentrate in particolare in Veneto e nel distretto della provincia di Belluno, e un export che nel 2023 ha superato i 5 miliardi. L’attenzione ai temi della sostenibilità ha portato a numerose iniziative di modifica dei processi produttivi che prevedono sia il ricorso a materiale di recupero rigenerato o a ridotto impatto come le plastiche bio-based o biodegradabili, sia l’efficientamento dell’iter di produzione in termini energetici. Anche la filiera del legno e, in misura minore, dell’arredo è coinvolta nella sempre maggior adesione al modello di economia circolare. I principali investimenti riguardano il ricorso a materiali sostenibili (ad esempio, il legno con certificazione FSC) e sostanze di lavorazione a ridotto inquinamento (in particolare colle, vernici e prodotti trattanti) e insieme l’utilizzo di materiali di recupero per contenere l’utilizzo di risorse naturali.
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