Per rafforzare l’indipendenza energetica della Ue e contrastare i cambiamenti climatici occorre disporre di una rete elettrica modernizzata, capace di integrare più energia da fonti rinnovabili e di adattarsi ad un’elettrificazione crescente. Affinché ciò sia possibile, la Ue deve fare di più.
Il monito arriva da una nuova analisi delle reti elettriche dell’Unione prodotta dalla Corte dei conti europea. “Gran parte della rete elettrica europea è stata costruita nel secolo scorso, quasi metà delle linee di distribuzione ha più di 40 anni. Per garantire la competitività e l’autonomia della Ue, occorrono infrastrutture moderne che possano sostenere la nostra industria e mantenere i prezzi accessibili”, spiega Keit Pentus-Rosimannus, membro della Corte responsabile dell’analisi. Anche perché la domanda di energia elettrica nell’Ue sarà più che raddoppiata entro il 2050. “Nuove tecnologie, soluzioni di stoccaggio e reti più flessibili possono tutte contribuire a tenere bassi i costi”, aggiunge.
Nel periodo di bilancio 2014-2020 sono stati resi disponibili circa 5,3 miliardi di euro di fondi Ue per investimenti nella rete. Dal 2021 al 2027 questo importo è aumentato a circa 29,1 miliardi, principalmente grazie al dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF), la principale fonte di finanziamento. Gli investimenti su vasta scala nella rete sono infatti fondamentali per modernizzare la rete elettrica che invecchia e sostenere la transizione dalle energie basate sul carbonio a quelle verdi. I piani d’investimento dei gestori di rete – se l’attuale ritmo continuerà – ammonteranno in totale a 1.871 miliardi di euro tra il 2024 e il 2050. Si tratta di una cifra inferiore al fabbisogno d’investimenti stimato dalla Commissione, che va dai 1.994 ai 2.294 miliardi di euro. La modernizzazione dovrebbe accelerare, ma è ostacolata da una carente pianificazione delle reti, da lunghe procedure di autorizzazione e dalla scarsa accettazione da parte del pubblico, nonché da carenza di attrezzature, materiali e manodopera qualificata. La Corte indica misure di attenuazione, a cominciare da un miglior coordinamento ed una migliore integrazione delle pratiche di pianificazione delle reti, la razionalizzazione delle autorizzazioni e l’impiego di tecnologie moderne.
Tra le possibili soluzioni si fa riferimento anche all’uso della tecnologia per sviluppare ed estendere nuove soluzioni di stoccaggio, anche se alcune opzioni possono ancora essere troppo costose. Anche il potenziamento delle interconnessioni tra i vari paesi dell’Ue sarebbe di grande aiuto. Strumenti quali i contatori intelligenti possono consentire di ridurre i picchi della domanda, ma la loro diffusione è ancora lenta in alcuni Stati membri. In aggiunta, i consumatori che producono energia elettrica localmente e le comunità energetiche che producono e consumano energia elettrica collettivamente possono svolgere un ruolo importante.
Gli auditor della Corte hanno visitato l’Italia e la Germania per comprendere meglio le politiche in materia di reti e l’attuazione delle stesse in questi Stati membri che si trovano ad affrontare sfide comuni nella gestione dei flussi di energia elettrica dalle zone di produzione di energia da fonti rinnovabili verso le zone ad alto consumo, ma differiscono per quanto riguarda la struttura dei gestori, il contesto legislativo, l’adozione di contatori intelligenti e altri aspetti.
Nel focus sul nostro Paese si legge che al 2030, la capacità di energia da fonti rinnovabili in Italia triplicherà. Gli impianti di produzione di tale energia si trovano per lo più nel sud soleggiato, mentre la maggior parte (circa due terzi nel 2023) del consumo avviene nelle regioni industriali settentrionali. Il TSO italiano, ovvero Terna, ha proposto un progetto da 11 miliardi di euro (l’hypergrid) per incentivare gli scambi di energia elettrica tra l’Italia settentrionale e quella meridionale. Il progetto raddoppierà quasi la capacità di scambio, facendola passare da 16 GW a oltre 30 GW, mediante la modernizzazione delle linee elettriche con tecnologia a corrente continua ad alta tensione e l’aggiunta di nuove connessioni sottomarine.
Nell’analisi viene citato anche il quadro normativo italiano per il 2024-2031 collega le entrate dei gestori di rete a premi di efficienza anziché ad investimenti nella rete. I gestori di rete possono mantenere una parte dei risparmi derivanti dagli investimenti di rete proposti quando sono confrontati con altre soluzioni alternative o con i costi storici. I gestori delle reti sono inoltre incentivati a ridurre le interruzioni e le perdite di energia elettrica. Questo quadro normativo riduce il rischio finanziario per i gestori di rete bilanciando i ricavi effettivi e quelli consentiti attraverso meccanismi di compensazione. Se i ricavi effettivi sono inferiori, ciò è compensato da specifiche componenti tariffarie. L’autorità di regolamentazione controlla il rendimento del capitale proprio regolamentato e i livelli di debito per garantire la salute finanziaria, contribuendo all’ottenimento di prestiti favorevoli. Il quadro prevede inoltre una compensazione per i costi operativi incrementali e le variazioni impreviste dei costi, come le modifiche normative o degli obblighi di servizio, e consente aggiustamenti ex post per tener conto dell’inflazione.
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