Gli incubatori e acceleratori d’impresa in Italia mostrano un significativo impatto occupazionale, con un aumento del 156,4% dei posti di lavoro nell’ultimo anno. I dipendenti impiegati in questo settore sono passati da 1.950 a circa 5.000 unità, evidenziando il contributo di queste strutture alla creazione di lavoro qualificato e allo sviluppo economico nazionale.
Questi dati emergono dalla ricerca presentata dal team di Social Innovation Monitor (SIM) e dai ricercatori del Politecnico di Torino, realizzata con il supporto di InnovUp e altri partner come PNICube, Italian Competence Center for Social Innovation (ICCSI), Fondazione Giacomo Brodolini, Neolithic Evolution e Social Innovation Teams (SIT).
Lo studio ha identificato 239 acceleratori e incubatori attivi in Italia, con una maggiore concentrazione nel Nord-Ovest, in particolare in Lombardia con 56 realtà. Seguono Emilia-Romagna (27), Lazio (26), Campania (22) e Toscana (20). Nonostante una leggera riduzione rispetto ai 262 soggetti della precedente rilevazione, l’impatto occupazionale risulta in forte crescita, suggerendo un processo di consolidamento del settore.
“Il numero di incubatori e acceleratori è diminuito rispetto all’anno precedente. – commenta Paolo Landoni, professore ordinario presso il Dipartimento di Ingegneria Gestionale e della Produzione del Politecnico di Torino e direttore del Report – Ma questo non deve essere visto come un problema, anzi, è possibile che sia in corso un positivo consolidamento e quindi rafforzamento di queste organizzazioni. Infatti, continuano comunque ad aumentare il numero di dipendenti e i fatturati complessivi”.
L’effetto sull’occupazione si estende anche alle startup supportate. La ricerca stima circa 5.780 startup incubate, con un incremento del 100% rispetto all’anno precedente. Il fatturato complessivo ha superato i 600 milioni di euro, con un aumento del 20%. Il panorama dell’incubazione italiano presenta diverse forme giuridiche: le Società a Responsabilità Limitata rappresentano il 57%, seguite dalle Società per Azioni (18%), e da associazioni, ATI, enti pubblici e altre forme societarie.
I principali servizi offerti dagli incubatori includono l'”accompagnamento manageriale”, gli “spazi fisici (inclusi servizi condivisi)” e la “formazione imprenditoriale e manageriale”, oltre al “supporto alla ricerca di finanziamenti” e ai “servizi amministrativi, legali e giuridici”. L’87% degli incubatori e acceleratori svolge anche attività complementari, come la partecipazione a progetti e bandi, la gestione di eventi e la consulenza per enti pubblici e imprese.
Davide Moro, vicedirettore della ricerca, ha evidenziato: “L’ecosistema degli incubatori e acceleratori italiani è ancora poco attrattivo a livello internazionale. Solo il 5% delle organizzazioni supportate ha sede all’estero, mentre il 75% si trova nella stessa regione dell’incubatore o in una confinante”.
“Questi dati confermano quanto gli incubatori e acceleratori siano attori fondamentali per la crescita dell’innovazione nel nostro Paese, non solo come supporto alle startup, ma anche come motori di impatto sociale e territoriale”, ha aggiunto Giorgio Ciron, direttore di InnovUp. Ciron ha accolto le misure introdotte dal Ddl Concorrenza, come l’estensione della certificazione agli acceleratori e il credito d’imposta dell’8% per investimenti in startup.
La ricerca ha analizzato anche l’impatto sociale e ambientale: circa la metà degli incubatori e acceleratori supporta organizzazioni con un impatto sociale o ambientale significativo, particolarmente nei settori “salute e benessere, incluso lo sport” e “sviluppo della comunità”.
L’attenzione istituzionale verso questo ecosistema è dimostrata dalla partecipazione all’evento di presentazione dei rappresentanti del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, insieme a figure chiave del settore dell’innovazione.
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