Il progetto di rete unica, discusso per anni, potrebbe prendere una piega inaspettata, o per lo meno più radicale di quanto inizialmente previsto. È infatti emersa l’ipotesi di una fusione tra Fibercop e Open Fiber senza il previsto scorporo delle “aree nere”, vale a dire quelle dove oggi esiste una concorrenza tra gli operatori. Un’ipotesi che sta guadagnando terreno, anche grazie al cambiamento di orientamento in Europa, a partire dal rapporto Draghi, in cui è stata evidenziata l’importanza di creare campioni nazionali ed europei. L’obiettivo potrebbe quindi favorire una svolta anche all’interno dell’Antitrust Ue, che potrebbe intervenire in maniera meno rigida rispetto al passato. Il governo italiano, dal canto suo, continua il dialogo con la Commissione europea e sta valutando tutti gli scenari possibili. Tra questi, non è ancora esclusa la possibilità di scorporare le aree nere di Open Fiber, al fine di mantenere la concorrenza in quelle zone.
Campione nazionale o monopolista? Due facce di una stessa medaglia
Indipendentemente dal percorso che seguirà la fusione, l’unione tra i due principali operatori di rete comporterebbe vantaggi significativi, ma anche possibili rischi. Da un lato, la fusione garantirebbe una maggiore stabilità finanziaria, con ricavi più costanti visto il sostanziale monopolio, e un’accelerazione del passaggio dalla rete in rame a quella in fibra, riducendo i costi di manutenzione e di energia. Tuttavia, dall’altro, la creazione di un unico operatore potrebbe comportare un aumento dei prezzi per gli operatori telefonici, con ricadute inevitabili anche sugli utenti finali. Possibili misure comportamentali, suggerite dalle autorità antitrust, potrebbero sì limitare l’impatto sulla concorrenza, ma l’Unione europea finora ha preferito soluzioni più strutturali e drastiche in tema di aggregazioni.
L’incognita degli azionisti con interessi diversi
Sul dossier poi restano anche i dubbi sulla posizione degli azionisti, che hanno interessi diversi. Il fondo australiano Macquarie, che detiene il 40% di OpenFiber, potrebbe infatti preferire cedere le aree nere per ottenere ritorni rapidi. In Fibercop, invece, il fondo infrastrutturale americano KKR potrebbe puntare a valorizzare l’investimento fatto per rilevare la rete da Tim (acquistata solo lo scorso luglio). Non va dimenticato che Tim stessa potrebbe trarre vantaggio dal matrimonio tra Fibercop e Open Fiber, grazie a un earnout che potrebbe arrivare fino a 2,5 miliardi di euro, legato in gran parte alle sinergie industriali, a condizione che la fusione avvenga entro il 2026. Secondo i calcoli degli analisti, la fusione tra i due operatori genererebbe sinergie superiori ai 4 miliardi di euro, di cui 2,3 miliardi in investimenti e 1,8 miliardi in costi operativi, ma FiberCop ne beneficerebbe solo per 0,6 miliardi a causa appunto dell’earnout verso Tim. Se il matrimonio avvenisse nel 2027, quindi dopo la scadenza dell’earnout, le sinergie scenderebbero a 2,6 miliardi, con 1,1 miliardi per FiberCop.
Il ruolo di Starlink con l’alternativa satellitare
In questo scenario, già piuttosto intricato di promesse e interessi, potrebbe aggiungersi anche l’alternativa offerta dal servizio satellitare Starlink di Elon Musk. Sebbene l’attività di Starlink in Italia sia ancora limitata, la recente proposta di Musk di offrire soluzioni crittografiche per le comunicazioni governative italiane ha sollevato interrogativi anche sul dossier rete. L’Italia infatti potrebbe valutare anche l’utilizzo dei servizi Starlink per aumentare la penetrazione di internet nelle aree remote, le cosiddette aree bianche, dove Open Fiber è oggi l’unico operatore titolato ad investire essendosi aggiudicata tutti i bandi Infratel.
Proseguono i piani di sviluppo della rete
Nel frattempo, sia Fibercop che Open Fiber stanno portando avanti i propri piani di sviluppo. “La società sta accelerando la posa della fibra e la dismissione della rete in rame, con l’obiettivo di assicurarsi maggiori benefici in termini di innovazione, sostenibilità ambientale e sociale”, ha fatto sapere Massimo Sarmi, presidente e ad di Fibercop, che ha preso in carico le deleghe dell’ex ad Luigi Ferraris, che si è dimesso a inizio anno. Nel corso del 2024, l’azienda ha realizzato investimenti per 2,4 miliardi, in linea con gli obiettivi, inclusi quelli relativi al Piano Italia 1 Giga del Pnrr con 2 milioni di unità immobiliari connesse alla fibra. Lo stesso target di 2 milioni di unità è previsto per il budget 2025, con ulteriori investimenti mirati al miglioramento della rete. Open Fiber, dal canto suo, ha ricevuto finanziamenti bancari, che si sono aggiunti all’aumento di capitale da 1 miliardo di euro, necessario per garantire l‘operatività del gruppo e il completamento della rete entro giugno 2026.
© Riproduzione riservata