La “grandeur” francese inizia a scalfirsi. E per le grandi famiglie di imprenditori che hanno fatto crescere il ruolo di Parigi nel mondo non sta andando tutto secondo i piani. Dai Bolloré, agli Arnault passando per i Dassault, c’è più di un guaio in Paradiso. Complice, probabilmente, un contesto economico difficilissimo che fa della Francia, “il nuovo malato d’Europa”, anche i leader delle più grandi industrie del Paese perdono pezzi.
D’altra parte, l’Institut national de la statistique et des études économiques (INSEE) e la Banque de France prevedono una crescita piuttosto “debole” e un aumento del tasso di disoccupazione nel 2025, in un contesto di instabilità politica e di dissesto delle finanze pubbliche senza precedenti.
In questo quadro, il miliardario francese Bernard Arnault ha visto evaporare, il 15 aprile, oltre 9 miliardi di dollari dopo che le azioni del suo conglomerato di beni di lusso Lvmh sono crollate di oltre il 7% a causa di un calo inaspettato delle vendite nel primo trimestre: un -3% complessivo, dove la maggiore flessione è stata nella divisione Vini & Alcolici, con un -9%, mentre Moda & Pelletteria hanno lasciato nei magazzini il 5%. Tra l’altro, la società ha perso il primato della capitalizzazione lasciandolo ad Hermès: un gruppo mono-brand vale più di una galassia da 75 marchi.
In generale, l’anno nero del lusso ha colpito anche altri Paperoni francesi: così Arnault, Bettencourt (l’Oreal) e Pinault (Kering) hanno perso ben 70 miliardi nel 2024. Ma non va meglio nemmeno ai Bolloré. Lo spezzatino di Vivendi ideato da Vincent Bollorè per massimizzare il valore degli spin-off in Borsa ha fatto infuriare i soci e si sta rivelando un bagno di sangue. Dopo risultati deludenti in Europa e in Italia, Vivendi ha scelto di scorporarsi in quattro entità autonome: Canal Plus, piattaforma di streaming con una forte presenza internazionale, quotata a Londra; Havas, leader nella comunicazione e pubblicità con sede ad Amsterdam, scelta pensata per proteggere la società da eventuali offerte di acquisto ostili; Louis Hachette Group, punto di riferimento nell’editoria, quotata a Parigi. Una mossa, simile a quella del 2021 quando Bolloré progettò la quotazione di Universal Music, e che mirerebbe a ottenere valutazioni di Borsa più alte per ciascuna società, a vantaggio degli azionisti. Un miraggio. L’operazione ha suscitato critiche da alcuni fondi che temono che la scissione favorisca soprattutto il gruppo Bolloré, principale azionista con quasi il 30%. Inoltre, a conti fatti, da inizio anno Canal Plus ha perso il 20%, Havas il 13,7% e Louis Hachette il 13,2%.
Per non parlare della campagna d’Italia dell’imprenditore bretone che si è rivelata un disastro sia sul fronte Tim, sia su quello Mediaset. Vivendi, primo azionista di Tim per 10 anni, ha perseguito una strategia di conquista che è di fatto naufragata, per poi battere in ritirata. E lo stesso si può dire per le mire sul Biscione, ridimensionate oggi a una partecipazione in Mfe del 4,4%. Conti alla mano, le perdite sul fronte tlc per Bolloré si aggirano intorno ai 3,5 miliardi di euro mentre l’investimento nell’ex Mediaset iniziato nel 2016 gli è costato 500 milioni.
Tlc, moda, si dirà, sono settori nella bufera. Ma quando ad andare male è anche la Difesa il dubbio che a Parigi non tutto giri per il verso giusto prende corpo. Anche i Dassault, storica famiglia dell’omonimo gruppo aerospaziale, non se la passa al meglio soprattutto se guardiamo al programma Fcas, l’aereo da caccia di prossima generazione, che sconta gravi ritardi dal momento che le aziende coinvolte hanno discusso a lungo sulla proprietà intellettuale e sulle politiche di esportazione. Secondo l’amministratore delegato della francese Dassault, Éric Trappier, è necessario rivedere il progetto di sistema di combattimento aereo del futuro di Germania, Francia e Spagna perché , tra l’altro, sconta la concorrenza del Global Cobat Air Program (Gcap) il programma tra Regno Unito, Giappone e Italia. Certo il titolo in Borsa è positivo (+54% da inizio anno), ma il futuro sui progetti chiave non è nitido.
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