Milano come New York. Sempre più alte le quotazioni immobiliari e sempre più netto il divario – segnato dalla cerchia dei Navigli sulla falsa riga del corso dell’Hudson – tra centro e periferia, tra ricchi e non ricchi anche nel capoluogo lombardo.
Sulla scia della Grande Mela, nella Manhattan milanese, che abbraccia il centro storico e va da Brera a Porta Romana, da CityLife a Porta Venezia, da Cinque Giornate a Porta Nuova, «aspettative e previsioni annunciano una ripresa del real estate nel 2025, con compravendite in lieve aumento (poco meno dell’1%) e prezzi in ulteriore rialzo rispetto al 2024», afferma Elena Molignoni, head of real estate di Nomisma. «I fattori che concorrono a confermare i livelli di attività del 2024 a Milano sono riconducibili non tanto a un dirottamento degli investimenti dalla Borsa al mattone per far fronte alla tempesta dei dazi in corso, quanto alle condizioni di accesso al credito, che non cambieranno rispetto allo scorso anno, così come non cambieranno i bisogni e le disponibilità finanziarie della domanda», continua Molignoni. Domanda che ai piedi della Madonnina ruota attorno a vari Paperon de’ Paperoni in cerca di case tra sogno e realtà.
A confermarlo anche la classifica delle 50 metropoli in grado di attrarre ricchi e super ricchi stilata da Henley & Parners. Stando alla hit, a livello mondiale Milano sale all’undicesimo posto. E con i suoi 115mila milionari e 17 miliardari è la terza tra le città europee. Per la serie, pochi ma straricchi possono permettersi Milano. D’altronde per loro ha un appeal indiscusso, complice la flat tax per i nuovi residenti ad alto reddito, introdotta nel 2017, ma anche l’inarrestabile ascesa e notorietà internazionale come città della moda, del lusso, del design, degli affari.
A cavallo tra «place to be» e «place for business», Milano resta la piazza per eccellenza dove per una privilegiata e alto-spendente élite ha sempre senso comprare un’abitazione. Ma non un’abitazione qualunque, una di lusso estremo. Perché quest’élite non si accontenta certo di avere un tetto sulla testa e un letto per dormire, ma contempla solo proprietà di gran pregio per le quali è disposta a spendere anche 15mila euro al metro quadro. «L’exploit delle quotazioni milanesi non scoraggia la fascia alta, che rappresenta circa il 10% del mercato e punta a standard elevati» spiega Molignoni.
Standard elevati che significano case d’epoca di pregio o di nuova edilizia architettonicamente qualificata (quest’ultima nel 2024 ha registrato performance significative, rappresentando il 22% delle transazioni totali, a fronte di una media nazionale del 12,8%) in vie e zone esclusive del centro, meglio se posizionate nei pressi delle fermate della metropolitana, con metrature extralarge (dai 200-250 mq in su), terrazze e rooftop, vista panoramica, ottima esposizione. Naturalmente smart e sostenibili. E con servizi e comfort che fanno la differenza, dalla concierge 24 ore su 24 a palestra e posto auto privato.
Ambita e ambiziosa, leader del real estate made in Italy, la più richiesta e più cara del Belpaese, Milano va a nozze con chi ha redditi alti-altissimi e capitali da investire. Ne sa qualcosa il fondo sovrano dell’emirato Qia-Quatar investment authority, che proprio in questi giorni starebbe corteggiando Kering per entrare dal portone principale del prestigioso immobile di via Monte Napoleone 8. Un edificio che il colosso francese, guidato dal re del lusso François-Henri Pinault – nel suo regno brillano Gucci, Bottega Veneta, Balenciaga, Saint-Lauren, Pomellato e Boucheron – aveva rilevato un anno fa per la cifra record di 1,3 miliardi di euro (110.000 euro al mq) dal fondo Blackstone, mettendo a segno con tempismo il più grande investimento su un singolo palazzo nella storia del Paese. Questo e altro per un palazzo del Settecento, di cinque piani e 11.800 mq di superficie (5mila mq commerciali), con inquilini griffati del calibro di Prada e Cova disposti a pagare canoni a molti, moltissimi zeri pur di mettersi in mostra e in vetrina nel cuore della via dello shopping più cara al mondo. Proprio pochi mesi dopo l’affare da primato, via Monte Napoleone ha rubato lo scettro alla Quinta Strada ed è salita in vetta alla classifica globale delle 138 vie dello shopping stilata da Cushman & Wakefield.
In confronto, diventano «convenienti» le vicine via dei Giardini, dove al civico 16 l’ex residenza privata di Santo Versace è stata ceduta per 33 milioni di euro a un pool di investitori che l’ha convertita nel primo, esclusivo club The Wilde nel mondo, e via Manin, dove lo storico Palazzo Krizia è stato venduto per 20 milioni di euro e trasformato in The Plein Hotel, cinque stelle lusso firmato dal fashion designer tedesco Philip Plein.
In questo (sur)reale giro di affari immobiliari fanno a gara a partecipare fondi e imprenditori dai conti capaci e dalle mire altolocate, mentre i comuni mortali sono tagliati fuori o, meglio, spinti fuori: nell’hinterland e in periferia, se non proprio al di là dei confini della città metropolitana, esattamente come a New York. Chi ha un reddito medio-basso rinuncia a Manhattan e va oltre l’Hudson, da New Jersey in poi. Lo stesso sta succedendo nel capoluogo lombardo, che vede sempre più persone lasciare il centro: non possono permetterselo.
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