Quanto siamo sicuri del cibo che mettiamo in tavola? La domanda non è oziosa come potrebbe apparire. E lo dimostra il fatto che il cibo importato in Italia nel 2024 ha provocato in tutto il territorio nazionale più di un allarme alimentare al giorno tra prodotti contaminati con metalli pesanti, pesticidi oltre i limiti, sostanze vietate o batteri per un totale di 438 notifiche al sistema di allerta Rapido (Rassf) dell’Unione Europea, in aumento del 28% rispetto all’anno precedente. Incremento che sale al 39% guardando esclusivamente ai prodotti di provenienza extracomunitaria.
Dall’inedito Rapporto dell’Osservatorio Coldiretti emerge un quadro inquietante per l’Italia: 129 allarmi sono scattati per alimenti provenienti da altri Stati dell’Unione Europea (25%) e ben 309 da Paesi extracomunitari (61%). Appena 70 (14%) invece gli alert che hanno riguardato prodotti con origine nazionale. In altre parole, quasi nove prodotti su dieci pericolosi per la sicurezza alimentare degli italiani arrivano dall’estero (86%).
Da dove arriva il cibo pericoloso
Sono i prodotti alimentari importati dalla Cina ad aver riportato il più alto numero di allarmi (70). Seguono Turchia (67), Spagna (49), Polonia (25), India (24) e Iran (23). In particolare il maggior numero di segnalazioni ha riguardato le micotossine nei fichi secchi dalla Turchia (40), la presenza di sostanze non dichiarate in piatti pronti e snack dalla Cina (30), il mercurio nel pesce spada dalla Spagna (33) e nel pesce smeriglio dal Portogallo (6), le aflatossine nei pistacchi dall’Iran (20), dagli Stati Uniti e dall’Egitto (9), la salmonella nel pollame dalla Polonia (20) e dall’Ungheria (6) e i pesticidi nelle spezie (7) e negli ortaggi (5) dall’India, con cui si sta pensando a un accordo di libero scambio.
L’analisi conferma l’importanza di investire sull’agricoltura nazionale per far crescere l’autosufficienza alimentare non solo per il valore economico, in un momento di grandi turbolenze commerciali, ma anche per tutelare la salute dei cittadini. L’Italia, infatti, è prima all’interno dell’Ue per valore aggiunto agricolo, ma dipende dall’estero per molte produzioni chiave destinate all’alimentazione umana e a quella degli animali allevati, dai quali si ottengono prestigiosi formaggi e salumi conosciuti in tutto il mondo.
Preoccupa quindi la crescente dipendenza dall’estero, con le importazioni agroalimentari che nel 2024 hanno raggiunto il valore record di sempre: 68,1 miliardi di euro, in scia a quello delle esportazioni (69,1 miliardi). Negli ultimi dieci anni si è verificato un balzo del 63% nell’import agroalimentare per effetto del deficit produttivo a livello nazionale, determinato dai bassi redditi dell’attività agricola che ha provocato un forte calo della superficie coltivata. Particolarmente rilevante è la quota di acquisti da paesi extracomunitari che è salita a 18,6 miliardi di euro con un aumento del 3,5% nell’ultimo anno.
Le intese
In questo contesto, non sono rassicuranti né le voci di un’intesa di libero scambio tra l’Ue e l’India, né l’accordo tecnico sempre tra l’Ue e i Paesi del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay). Quest’ultimo, firmato a Montevideo, viene considerato inaccettabile per il comparto agricolo europeo e italiano, in quanto risulta sbilanciato e pericoloso per le campagne, oltre che fortemente asimmetrico. Perché se l’export europeo si concentra sui beni industriali, i Paesi del Mercosur esportano principalmente materie prime agricole, spesso prodotte con standard di sicurezza alimentare e ambientale lontani dalle rigide normative europee.
Tant’è che, secondo quanto spiegato da Coldiretti e Filiera Italia, consentono l’uso di pesticidi e fitosanitari vietati in Europa (con limiti massimi residui nei prodotti agricoli molto più alti) e di alcuni antibiotici promotori della crescita – anche questi vietati in Europa – negli allevamenti di suini e pollame. Fattori a cui si aggiunge anche l’impatto sulla deforestazione dell’Amazzonia per incrementare l’allevamento bovino e le esportazioni di carne. Manca, in altre parole, quel rispetto del principio di reciprocità per rendere il commercio leale e sicuro con regole che riguardano la tutela del lavoro, dell’ambiente e soprattutto degli aspetti sanitari a difesa della salute dei consumatori europei.
Tema che potrebbe riguardare anche i negoziati in corso sui dazi annunciati da Donald Trump, dato che l’amministrazione statunitense preme da tempo per ottenere dall’Ue il via libera all’esportazione di carne ottenuta da animali allevati con l’utilizzo di ormoni e di alimenti Ogm, entrambi vietati dalle norme comunitarie. Pressioni che l’Italia aveva già ricevuto in passato, come mostrato dai file di Wikileaks, essendo anche all’avanguardia nelle norme per garantire la trasparenza dell’offerta con l’obbligo dell’etichettatura di origine degli alimenti ma anche nel sistema di repressione delle frodi.
Il Consiglio dei ministri ha recentemente approvato il Disegno di legge sulle sanzioni in materia alimentare, un provvedimento che mira a contrastare le frodi nel settore agroalimentare e tutelare la sicurezza dei cittadini che acquistano e consumano. Composto da 18 articoli, il Ddl, introduce nuove sanzioni sia penali che amministrative per chi viola le normative in ambito alimentare, mettendo in atto misure dirette per garantire la qualità dei prodotti in commercio.
Lollobrigida e Nordio
Fortemente voluto dal ministro dell’Agricoltura della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, in sinergia con il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, il Ddl è stato salutato con grande interesse poiché apre la strada all’attuazione della cosiddetta «Legge Caselli», avanzata già nel 2015 nella proposta di riforma predisposta da Giancarlo Caselli nell’ambito dell’Osservatorio Agromafie promosso dalla Coldiretti.
«Il fatto che si preveda l’aggiornamento del codice penale per includere un nuovo capitolo interamente dedicato ai delitti contro il patrimonio agroalimentare è un passaggio epocale che consente di colpire con maggiore efficacia tutte le frodi a danno della filiera alimentare, a partire dalla contraffazione delle denominazioni di origine Dop e Igp, fino all’utilizzo di segni ingannevoli per trarre in inganno i consumatori che pensano di mangiare un prodotto italiano quando in realtà non lo è. Ci auguriamo ora che il disegno di legge sia in tempi ristretti approvato dal Parlamento anche con eventuali modifiche che vadano nel senso di ulteriore valorizzazione e tutela del made in Italy agroalimentare», ha dichiarato il presidente di Coldiretti Ettore Prandini.
«Con l’introduzione del reato di agropirateria – ha aggiunto il segretario generale Vincenzo Gesmundo – si riconosce finalmente la pericolosità criminale delle attività fraudolente organizzate e reiterate. Erano dieci anni che aspettavamo una legge che riprendesse quella proposta da Caselli che ancora nessuno aveva avuto il coraggio di fare».
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