E’ laureato in Ingegneria nucleare, ha lavorato al Cern, è stato vent’anni in McKinsey & Company (a Milano e a Parigi) dove è diventato socio senior, ed è stato presidente di Central Retail Corporation, incarico che lo ha portato per cinque anni in Thailandia (dove ha fatto quotare la società in Borsa una settimana prima del lockdown). Ed è lì, in quella prodezza demografica di Bangkok, che ha trovato due minuscoli gatti che ha raccolto e portato con sé. A ripensarci, quei due minuscoli mici, non devono essere stati un caso perché oggi Nicolò Galante, 58 anni, è l’uomo che ha reso Arcaplanet il colosso nazionale del pet: 591 negozi in tutta Italia che quest’estate arriveranno a 600, 3.000 dipendenti, 700 milioni di euro di fatturato, 4 cliniche veterinarie (Happy Friends e MyPetClinic). Nel marchio di Arcaplanet c’è scritto «Pets People Planet»: perché gli animali, le persone, il pianeta, sono tre “missioni”.
Galante, quando entra in un’azienda come si sintonizza sul mandato?
«Il mandato degli azionisti è molto chiaro, soprattutto quando i committenti sono fondi d’investimento. Se si tratta di una famiglia, la faccenda è diversa sebbene la visione di un azionariato familiare sia più di lungo termine, il “non detto” pesa persino più del detto. L’aspetto emozionale conta molto. Comprendere i meccanismi familiari è parte importante del mandato, anche se non è esplicito e non ti è riconosciuto».
La sua figura professionale è ammantata di un che di salvifico. Arriva, guarisce, migliora.
«Nella mia vita professionale ho fatto tanti cambi. Mi hanno guidato l’umiltà e la curiosità. La prima è indispensabile per comprendere una nuova azienda, non si può arrivare con una ricetta già pronta. La curiosità è fondamentale per calarsi in una nuova realtà: la filosofia di un marchio, i suoi competitor».
Lei deve essere un top manager molto curioso per riuscire a occuparsi di ambiti tanto diversi.
«Sono passato da realtà differenti, convinto che il business possa e debba essere una leva positiva per la società, ma dev’essere ben guidato. Da quando ho iniziato a fare il manager, a 50 anni, ho sviluppato una predilizione per i prodotti di largo consumo e per il commercio al dettaglio: uniscono la valutazione di una quantità impressionante di dati alla psicologia, nel senso degli acquisti emozionali».
Che tipo di clienti sono i proprietari degli animali?
«E’ un mondo segmentato. In America c’è un’umanizzazione degli animali molto spinta che io non condivido perché non li rispetta. Da noi è diverso. I proprietari di un pet – stiamo parlando del 40% delle famiglie – sono persone attente all’ambiente e alle esigenze del prossimo».
Romain Gary ha scritto che i bambini che crescono senza animali sono «delinquenti in nuce».
«Forse questo è un po’ esasperato ma prendersi cura di un altro essere vivente che non è indipendente aiuta a crescere in un certo modo, senza dubbio».
Arcaplanet ha 2,6 milioni di clienti fidelizzati, come si ottiene la fiducia di questo tipo di clienti?
«Cerchiamo di capire in profondità le loro esigenze. La nostra carta fedeltà, alla quale è legato il 90% del fatturato, è onnipresente e ci dà informazioni sempre più segmentate sui comportamenti d’acquisto».
Anche aprire quattro cliniche forse ha aiutato a fidelizzare i clienti. Ne inaugurerete altre?
«Ci vorrà tempo, ma l’opportunità è grande. Sugli animali c’è poco approccio preventivo che invece è fondamentale se si considera che la sanità veterinaria non è pubblica. Nel mondo veterinario non è facile muoversi: l’Ordine professionale è molto presente e i medici sono giustamente fieri della loro professionalità e orgogliosi della loro indipendenza».
La sostenibilità è un grande tema per il vostro gruppo .
«Fondamentale. Siamo consci che il nostro comparto, l’allevamento di proteine animali, è una delle prime cause di surriscaldamento. Abbiamo cambiato il nostro packaging e siamo fieri di dire che il 70% è riciclabile. Informiamo sempre i clienti dei cibi più o meno inquinanti, in maniera che possano scegliere consapevolmente. E le proteine a basso impatto sono sempre negli scaffali Arca Planet Friendly».
Che cosa rappresenta e quanto produce Arcaplanet Fabbrica?
«A San Vito Tagliamento (Podernone), in un parco industriale, confezioniamo i nostri prodotti, lo stabilimento è un gioiello tecnologico. La struttura è in grado di produrre centomila tonnellate, quindi potrebbe lavorare anche per altri».
Voi avete inserito i prezzi Retromarcia, tenendo conto dell’inflazione e del fatto che le spese per gli animali sono ingenti. Sta funzionando?
«Stiamo investendo molto del nostro margine nei prezzi Retromarcia. Le promozioni piacciono ma per loro stessa natura sono a tempo. Noi non volevamo che gli habitué di un prodotto, a un tratto non lo trovassero più e dovessero ripiegare su altro. Così abbiamo messo i 300 prodotti autovendenti a un prezzo ribassato per diversi mesi l’anno».
Avete anche lanciato un portale e un’app. Quanto pesa l’online?
«Il 12% e potenzia l’offerta in negozio. Gli ordini si possono fare online e ritirare nei punti vendita dove vengono preparati. Oltre la metà dei clienti lo viene a ritirare lì. La novità è che da maggio consegneremo con Deliveroo e dall’estate anche Glovo e lo faremo entro un’ora».
Come sta procedendo con l’acquisizione da parte di Fressnapf Group?
«Molto bene, siamo perfettamente compatibili. Loro sanno di aver comprato un gioiellino e ci lasciano l’indipendenza necessaria».
Vi quoterete?
«E’ un’opzione. Potrebbe farlo Arcaplanet o direttamente Fressnapf, ma direi che ormai il pallino non è più in mano nostra. Abbiamo trovato il nostro azionista ideale».
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