Prego, mettetevi comodi. Rilassatevi. Nel salone dei Saloni tutto è morbido, tutto avvolgente. Via gli angoli, via le architetture squadrate manifesto di un tempo troppo rigido che nessuno ricorda neanche più. Ora ci sono le curve, come a cercare la chiusura del cerchio. Alivar ha disegnato «Durante» un sistema di divani componibili, stondato con il suo terminale girevole per partecipare a una conversazione o al contrario per isolarsi. Alla 63ª edizione del Salone l’arredo diventa la casa in continuo divenire, flessibile e trasformabile un po’ come il nostro mondo. Dove gli arredi prevedono soluzioni modulari, sempre più intelligenti pensati per un abitare evoluto, sostenibile e sempre più personale.
«La Michetta» di Gaetano Pesce come un lego-sofà in colori e dimensioni diverse può essere riorganizzata, composta e scomposta trasloco dietro trasloco a seconda delle esigenze. Come «Commedia» di Julie Richoz un divano che diventa letto. Cos’ha di straordinario? Non ha meccanismi ma solo una coperta doubleface. Ci si può dormire senza fatica e grandi scombini. L’intelligenza, artificiale e non, si intreccia ai tessuti. Come in «Boston» di Keoma, sempre componibile ma ha la particolarità di avere lo schienale reclinabile e regolabile grazie al telecomando wireless ma ha anche una consolle con luci e led e due prese Usb. Già, perchè la luce diventa protagonista. Al Salone, questo è l’anno di Euroluce e le novità si incollano alla carta da parati o fanno brillare anche il cemento. È il caso della collezione Waze di carta da parati luminosa del marchio londinese Meystyle con microspici led che sottolineano il disegno della carta da parati. Si chiama «Moon» come Luna il cemento che assorbe l’energia solare e la rigetta di notte diventando una lampada che illumina ma non solo. «È un cemento che suona e diventa cassa armonica creando un connubio sensoriale per le persone che vivono questa esperienza.
L’obiettivo è creare ambienti che posano generare benessere psicofisico delle persone», spiega la founder e creative director Maria Chiara Monacelli. Benessere che (non) a sorpresa entra in casa. Chiamiamolo pure wellness con le saune a misura di abitazione anche piccole e il fitness che si evolve in installazione domestica. Ci vuole una casa adeguata per potersi regalare il nuovo sistema con sauna e hammam «Petr Sh» disegnata da Marco W. Fagioli. La particolarità? Il legno di cirmolo, con il suo profumo energizzante che contribuisce anche da solo a trasmettere un momento di pace. Technogym ha ridisegnato il lettino per il pilates dandogli una linea e colori eleganti tanto da poter essere sistemato anche in un soggiorno. Poltrone come sculture, materiali sofisticati che seguono però la grammatica del comfort. Le librerie diventano scenografie mutevoli dove mettere in scena gli oggetti della memoria. «Tree»di Cristina Bernacchi con 4 ripiani in noce canaletto (3 dei quali girevoli) è come un richiamo alla natura: tree significa albero. La natura è protagonista. Dentro e fuori casa. Landa illuminotecnica ha realizzato «Nest», un apparecchio illuminante composto da un intreccio di rami di legno di salice, da collocare tra alberi e chiome verdi: si confonde come fosse un vero nido di uccelli.

Era il 1961 in pieno boom economico quando 13 visionari mobilieri chiamarono a raccolta 328 aziende e in un fine settembre milanese, in due padiglioni dell’allora Fiera Campionaria in piazza VI Febbraio dettero avvio all’avventura. Quel Salone che ha attraversato i tempo, ha travalicato persino il suo nome, senza neanche più bisogno di aggiungere la parola «mobile»: il salone è il Salone, con la maiuscola. Si è allungato, allargato straripando nella città, con il suo Fuori (sempre maiuscolo). E anche qui non mancano le curiosità. Lussuose come quella messa in mostra da Louis Vuitton uno spettacolare biliardino con le sirene al posto dei calciatori. O come quella di tutt’altro tipo e genere: a Palazzo Litta, il divano «Aedo», progettato con e per i non vedenti. Giallo, solare. Ma solo perché il giallo è all’ultimo colore che gli ipovedenti riescono a cogliere. Si va dalla tradizionale università Statale, quartier generale di Interni all’immancabile Tortona, a «Prison time» nei tunnel ferroviari di Sammartni su mille metri quadrati invita a riflettere sulle carceri con oggetti e arredi provenienti dagli istituti di pena di tutto il mondo. E poco importa se ci sono da fare chilometri per arrivare ad esempio in uno dei più spettacolari firmati «Alcova» che riesce a spostare migliaia di persone fino a Varedo alle porte (neanche troppo vicine) di Milano dove ha raddoppiato le sue sperimentazioni. Come l’ex Snia dove le rovine della fabbrica di fibre sintetiche costruita negli anni ’30 è diventata scenografia dove una grande stampante 3D crea sedie in meno di 5 ore o l’hammam gonfiabile che funziona (per davvero) 10 minuti al giorni. Non solo i bambini fanno Ohh! durante quella che è diventata la Settimana del design, con epicentro in Fiera ma poi non si sa più dove finisce. Mostre, installazioni, eventi, spritzettini, genialità in mezzo anche a tanta fuffa. E business, ovviamente. Insomma i nostri «mobilieri» non sono più 13, sono oltre duemila ma quell’antico spirito segue il Salone come un pezzo del suo dna.
Il bilancio? Se ne parla domani. Ma il successo (come sempre) è assicurato.
© Riproduzione riservata