C’è della logica nella follia? E’ la domanda che continuano a porsi gli investitori e i trader nelle sale operative di mezzo mondo che in queste ultime ora hanno assistito all’incredibile giro sulle montagne russe fatto dai listini americani. La logica potrebbe essere che quando Donald Trump ha visto che i rendimenti dei Treasuries, i titoli di Stato Usa, hanno iniziato a impennarsi ha dovuto fare un passo indietro e annunciare lo stop per 90 giorni dei dazi “reciproci” nei confronti di quei Paesi che non hanno reagito in rappresaglia, mantenendo tuttavia un’aliquota universale del 10% per tutti. I dazi settoriali, quelli su acciaio e alluminio e sulle auto, rimarranno invece invariati.
Ieri il colpo di scena è arrivato quando le Borse europee avevano già chiuso (in rosso) la seduta. Stamattina in Piazza Affari il FtseMib ha ingranato al quarta con un +7,2% in avvio per poi rallentare leggermente a +6% circa. Più 8% in apertura per il Dax di Francoforte. Forte calo in avvio di seduta per lo spread tra Btp e Bund. Il differenziale di rendimento tra i due decennali si riduce di 12 punti base, a quota 116. Il rendimento dei titoli italiani è in flessione di 2 punti base al 3,86% mentre quello dei bond di Berlino sale di 10 punti al 2,69%.
Vedremo come aprirà Wall Street nel pomeriggio (i futures sulla Borsa americana stamattina sono comunque in calo, con il Nasdaq che cede il 2%, l’S&P 500 l’1,5% e il Dow Jones lo 0,2%). Ieri, al suono della campanella è partita in rosso a parte il Nasdaq che spinto dai titoli tech ha avviato la seduta in leggero rialzo. Gli indici Usa, però, hanno preso il volo dopo le nuove dichiarazioni di Trump sui dazi arrivate nel primo pomeriggio (poco prima delle 20 in Italia. Il Nasdaq ha chiuso le contrattazioni con un +12,2% e l’S&P 500 con un +9,5%, registrando i maggiori rialzi giornalieri rispettivamente dal 2001 e dal 2008. In rialzo anche i mercati asiatici: a Tokyo il Nikkei ha guadagnato il 9,13% in recupero dai minimi in un anno e mezzo. A Taiwan l’indice Taiex è balzato di 1.590,79 punti nei primi cinque minuti di negoziazione, mentre i giganti tecnologici taiwanesi TSMC e Foxconn sono saliti rispettivamente del 10% e del 9,8 per cento.
I riflettori ora sono però puntati sulla guerra tra l’Aquila e il Dragone, diventata la priorità per Trump che ha aumentato ulteriormente i dazi contro la Cina, portandoli al 125%. Resta da capire quale impatto avrà questa sfida, praticamente una sorta di embargo reciproco, sulla supply chain mondiale. Intanto, alcuni esportatori cinesi hanno deciso abbandonare le spedizioni a metà viaggio e di cedere i container alle compagnie di navigazione per evitare gli schiaccianti costi tariffari. Dall’altra parte della barricata, Apple ha fatto viaggiare cinque aerei pieni di iPhone dalla Cina e dall’India agli Stati Uniti in soli tre giorni per non pagare, almeno nell’immediato, i dazi. E Amazon ha cancellato gli ordini di alcuni prodotti realizzati in Cina e in altri Paesi dell’Asia (come sedie a sdraio, condizionatori d’aria e scooter) per ridurre l’esposizione della società ai dazi di Trump scaricandola sui venditori, che potrebbero essere costretti a rinegoziare i termini con il colosso di Jeff Bezos o a vendere le loro scorte in paesi con margini più bassi.
Ma ancora più clamorosa è stata la mossa della Cina di invitare i suoi cittadini a essere “cauti” sui potenziali “rischi” di un viaggio turistico negli Stati Uniti, citando in particolare l’emergente guerra commerciale, sullo sfondo dell’imposizione reciproca di pesanti sovrattasse doganali. “Alla luce del recente deterioramento delle relazioni economiche e commerciali tra Cina e Stati Uniti e della situazione della sicurezza negli Stati Uniti, (suggeriamo) ai turisti cinesi di valutare attentamente i rischi connessi al viaggio negli Stati Uniti e di esercitare cautela“, ha scritto il Ministero della Cultura e del Turismo in un comunicato.
Altra notizia importante: la Cina sta agevolando la svalutazione dello yuan, che scivola ai minimi dal 2007 sul dollaro. Lo yuan onshore ha toccato un minimo di 7,3518 sul biglietto verde prima di recuperare terreno sulle indiscrezioni che i leader di Pechino si riuniranno per discutere ulteriori misure di stimolo in risposta ai dazi di Trump. La Banca centrale cinese (Pboc) ha abbassato per sei giorni consecutivi il suo tasso di riferimento, a dimostrazione del fatto che Pechino punta su una graduale svalutazione della sua moneta per sostenere l’export.
© Riproduzione riservata