Questa primavera si combatteranno battaglie epiche. La sfida più attesa è sicuramente quella sul rinnovo della governance delle Generali, ma il voto delle assemblee condizionerà anche il risiko bancario. A cominciare dal necessario via libera dei soci del Monte dei Paschi all’aumento di capitale al servizio dell’offerta lanciata su Mediobanca. E poi si aggiungono sfide minori sulle poltrone, e sulle remunerazioni per occuparle ovvero le politiche su compensi e bonus dei manager, dopo il calmiere posto dal biennio pandemico.
All’orchestra delle assemblee partecipano molti suonatori. E a spingere sul cosiddetto engagement sono appunto i proxy advisors come Institutional Shareholder Services (ISS) e Glass Lewis, i due attori principali del settore. Si tratta di società specializzate nell’analisi delle informative societarie e nel fornire consulenza agli investitori su come votare all’assemblea generale degli azionisti. Poiché gli investitori istituzionali e i gestori attivi detengono generalmente nei propri portafogli un gran numero di partecipazioni in società, i proxy svolgono un ruolo fondamentale nel fornire raccomandazioni di voto, soprattutto in caso di partecipazioni transfrontaliere. Da semplici raccoglitori di deleghe, i proxy hanno sempre più voce. Non a caso il colosso Glass Lewis si è espresso direttamente sul Ddl Capitali, sottolineando che tre aspetti centrali come il voto maggiorato, le assemblee a porte chiuse e i vincoli alle liste del cda hanno “sollevato i timori degli investitori” e potrebbero “scoraggiare” gli investitori “dal partecipare attivamente“.
Temuti in passato dai board delle società quotate, ascoltati (spesso) in maniera pressoché dogmatica dagli investitori globali, i proxy advisor sono stati per anni considerati una voce silenziosa, ma sempre più pervasiva, “suggeritori” terzi capaci di influenzare, nel bene o nel male, gli esiti delle proposte di voto avanzate dalle principali società quotate e portate in assemblea. A partire dal 2021, ISS (controllata da Deutsche Börse) e Glass Lewis (di proprietà di una società canadese di private equity) detengono quote significative del mercato, con ISS che copre rispettivamente il 48% e Glass Lewis il 42% delle attività sotto consulenza. La situazione sta diventando assimilabile a quella delle Big Four per le società di revisione contabile con una concentrazione che sta sollevando forti preoccupazioni per concentrazione dell’”engagement”.
Queste poche proxy firm, sostengono i critici, stanno acquisendo un potere indirettamente enorme, perché cumulano sempre più mandati, e la loro consulenza diventa quasi Vangelo se il gestore non si sta occupando in prima persona della singola posizione. Quindi, a furia di collezionare voti di piccoli investitori rischiano di essere l’investitore più ingombrante. Il duopolio dei proxy è finito di recente nel mirino di un pezzo da novanta di Wall Street, ovvero il gran capo di Jp Morgan, Jamie Dimon che a un summit per i pensionati di BlackRock ha definito le società di consulenza per delega, come “incompetenti“. “Sono di proprietà delle ong“, ovvero organizzazioni non governative. I loro dati sono “sbagliati“, ha continuato, ma “non devono correggerli“. E le aziende “possono assumerli” per migliorare i loro rating di governance aziendale. “Dovrebbero essere spariti e morti, finiti”, ha detto Dimon. Convinto che Iss e i suoi rivali più piccoli come Glass Lewiss, abbiano contribuito a un ambiente normativo che sta “spingendo le aziende fuori dal mercato pubblico”. Fondi pensione, fondi di dotazione universitari, fondazioni e fornitori di fondi comuni di investimento esternalizzano il loro voto alle due aziende, che costituiscono il 90% del mercato dei consulenti per delega. Ma secondo Dimon queste aziende hanno conflitti di interesse e non svolgono un’adeguata due diligence, sono fortemente influenzati da investitori attivisti di sinistra e fondi pensione governativi. E minacciano di votare contro i direttori se le aziende non rispettano i mandati Esg. Allo stesso tempo, ha aggiunto il ceo di Jp Morgan, “vendono servizi di consulenza alle aziende su come ottenere il loro sostegno per i voti per delega”.
Ma veniamo qui in Italia. Iss è il proxy che ha invitato i soci di Mps a bocciare l’aumento di capitale per l’Ops su Mediobanca. Per poi essere contestato dai vertici di Rocca Salimbeni per aver “trascurato alcuni elementi chiave nel formulare questa raccomandazione“, è stata la replica dell’istituto guidato da Luigi Lovaglio, che definisce “inaccurata e incompleta” l’analisi. Tanto che Iss ha dovuto rettificare quanto scritto a proposito dei rischi legali: la vicenda giudiziaria dell’ex ceo Giuseppe Mussari e dei derivati, citata nel report come rischio sulla banca, è stata infatti definitivamente archiviata in Corte di Cassazione a febbraio. Un giudizio in favore della banca che il proxy non aveva considerato. Il parere di Iss è stato, inoltre, sconfessato da Glass Lewis che invece ha raccomandato agli azionisti di Siena di votare a favore dell’aumento di capitale nell’assemblea del 17 aprile.
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