La settimana non è certo iniziata con il piede giusto, con la vicenda dazi che ha affossato le borse globali in un lunedì nero. Ma potrebbe anche andare peggio. In attesa della risposta dell’Europa, dopo la riunione dei ministri del commercio Ue, si guarda alla giornata di domani quando scatterà la fatidica seconda tranche delle tariffe statunitensi, quella differenziata per paese. Ed è evidente che i margini di manovra per un possibile rinvio o riduzione sono strettissimi, per non dire inesistenti. Lo ha fatto intendere lo stesso Donald Trump, facendo sapere che un gran numero di paesi si è già messo in fila per negoziare ed evitare la mazzata dei dazi. E’ chiaro quindi che, a parte colpi di scena e colpi di testa improvvisi, la trattativa necessita di tempo. Ecco allora che si fanno già i conti sui possibili impatti. Per l’Europa, l’effetto sarà concreto, considerando che le esportazioni di beni equivalgono al 34% del Pil dell’area euro (sul 2024) e che gli Stati Uniti sono il principale partner commerciale, con circa il 20% delle esportazioni totali.
Nel suo report “Most European Corporates Can Manage The Immediate Effects Of U.S. Tariffs” (Tradotto: “La maggior parte delle aziende europee può gestire gli effetti immediati dei dazi statunitensi“), S&P individua le aziende europee più esposte ai dazi di Trump. Ma come fa intendere il titolo, c’è la possibilità, almeno per alcune, di gestire la situazione. Alcune imprese infatti avranno un certo margine di manovra per aumentare i prezzi al fine di mitigare l’impatto delle tariffe e questa capacità dipenderà da vari fattori, come la leadership di mercato, l’unicità dei prodotti e i quadri contrattuali. “Prevediamo che le aziende con leadership globale, come ABB, Siemens e Schneider Electric, saranno in grado di adeguare i prezzi, così come alcune aziende più piccole con buone posizioni di nicchia”.
Certo è che “indipendentemente dalla potenziale sospensione o revisione delle tariffe annunciate, riteniamo che le condizioni commerciali internazionali si stiano deteriorando”, avverte S&P.
Il comparto auto quello più colpito
In Europa il settore automobilistico sarà il più colpito. Non ha dubbi S&P: “Riteniamo che la politica dei dazi di Trump sconvolgerà ulteriormente l’industria automobilistica globale, che è già soggetta all’intensa concorrenza delle case automobilistiche cinesi”. Sui volumi di vendita, l’agenzia statunitense stima un impatto di circa 400.000-600.000 unità per il 2025 (misurato da aprile a fine dicembre). “Se i dazi dovessero diventare permanenti, probabilmente si verificherebbe un’importante divergenza rispetto al nostro scenario di base, perché sarebbe difficile per le case automobilistiche mitigarne gli effetti attraverso i prezzi nel breve periodo e, nel lungo periodo, qualsiasi delocalizzazione della produzione avverrebbe a costi più elevati e richiederebbe almeno 12-18 mesi”. Sui bilanci, tutto ciò si tradurrebbe in un rischio sull’Ebitda stimato tra 10 e 11 miliardi di euro nel 2025, che equivale a circa il 15%-16% dell’Ebitda aggregato del 2025 di Volkswagen, Stellantis, Bmw Mercedes, Volvo Car e Jaguar Land Rover.
Non solo auto, i settori più esposti
Ma non solo auto. Secondo S&P, le aziende europee che operano nel settore dell’alluminio e dell’acciaio seguiranno a ruota il settore auto per quanto riguarda l’impatto dei dazi Usa. Anche perché arrivano in un momento difficile tra una combinazione di prezzi bassi a causa dell’eccesso di offerta (in particolare dalla Cina), ingenti spese in conto capitale legate alla sostenibilità (per ammodernare gli altiforni e/o convertirli in forni elettrici) e, per alcuni operatori, crescenti pressioni sui costi, in particolare quelli energetici. Tuttavia, “per i prodotti siderurgici a maggior valore aggiunto, riteniamo che sia ArcelorMittal sia il produttore svedese SSAB abbiano una notevole capacità di trasferire i costi generati dalle tariffe”.
Altro settore da tenere d’occhio è quello dei beni di consumo, e in particolare le società di bevande alcoliche e del lusso. In media, gli Stati Uniti rappresentano circa un quarto dei ricavi totali di queste aziende. Tra i quattro principali operatori nel settore delle bevande alcoliche, le vendite statunitensi variano da meno del 5% (Heineken, il secondo produttore di birra al mondo) a quasi il 34% (l’inglese Diageo, il primo produttore di alcolici al mondo). A questo si aggiunge un altro fattore: “La maggior parte dei produttori di alcolici ha poche possibilità di spostare la produzione o l’imbottigliamento a causa delle indicazioni e dell’origine geografica protetta”, sottolinea S&P.
L’aumento dei dazi sugli articoli di lusso inciderà anche sulle prospettive di ripresa delle aziende europee del settore. I primi tre operatori globali, e cioè LVMH, Kering e Compagnie Financiere Richemont, hanno un’esposizione alle vendite del 20%-25% circa verso gli Stati Uniti. Ma qui, entrerebbe in gioco la capacità di questi giganti di trasferire sul consumatore l’effetto dazi: “i prezzi sembrano essere l’attenuante più probabile per l’effetto dei dazi, anche perché le aziende si rivolgono a clienti facoltosi che tendono a essere meno sensibili ai prezzi”.
Discorso a parte per la tecnologia, perché qui il rischio riguarderà soprattutto i produttori di chip legati all’automotive. Tutte le aziende europee di semiconduttori hanno un’esposizione significativa al mercato finale del settore automobilistico: Infineon (56% delle vendite nel 2024), ams-Osram (52% delle vendite nel 2024) e STMicro (46% nel 2024). “A nostro avviso – spiegano gli esperti – la tariffa potrebbe avere un impatto significativo sulla domanda e sulla produzione di automobili europee, con conseguente riduzione della domanda di semiconduttori per auto”.
Minori invece i possibili effetti dei dazi sui gruppi delle costruzioni e sui farmaceutici. Per quanto riguarda i primi, l’impatto potrebbe essere più che altro indiretto, ossia l’aumento dell’inflazione e dei costi di costruzione, la riduzione della fiducia delle imprese e la diminuzione dei volumi, di fronte a una crescita economica più debole.
Per quanto riguarda, invece, i farmaceutici, una tariffa non è ancora stata annunciata e secondo S&P se mai dovesse essere applicata avrà un effetto limitato. “In primo luogo, la natura e la scarsa sostituibilità di alcuni farmaci indurranno probabilmente le autorità statunitensi a non scoraggiare le loro importazioni. Inoltre, prevediamo che l’accesso ai farmaci innovativi e l’attività di ricerca e sviluppo rimarranno una priorità per gli Stati Uniti”.
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